21.02.2013

Sotto inchiesta i derivati del Comune di Roma

  • Il Sole 24 Ore

Due manovre, 120 miliardi di euro. E a 120 miliardi di euro (se non di più) rischia di arrivare il conto salatissimo che entro fine anno la Corte dei conti potrebbe chiedere di rifondere allo Stato italiano da parte di almeno due delle tre agenzie di rating – Standard&Poor’s, Fitch e Moody’s – per i loro rapporti ad orologeria diffusi tra maggio e novembre 2011 sul downrating del debito pubblico nazionale. Un risarcimento pari alle prime manovre varate tra l’estate e l’autunno di quell’anno per salvare il Paese ormai sull’orlo del baratro. L’Italia (o quanto meno la Corte dei conti) sulle orme di Barack Obama negli Usa, in guerra contro le agenzie di rating.
Dopo la Procura della Repubblica di Trani che a novembre ha chiesto il rinvio a giudizio dei vertici italiani di S&P e Fitch (ma non di Moody’s), scende in campo nuovamente la Procura generale della Corte dei conti del Lazio. «Ho la speranza di concludere l’istruttoria contro almeno due agenzie di rating entro la fine del 2013», ha annunciato ieri il Pg, Raffaele De Dominicis, all’apertura dell’anno giudiziario della magistratura contabile nel Lazio.
La contestazione, ha aggiunto, riguarda «il danno che lo Stato italiano» avrebbe subito in seguito a quei rapporti a suo tempo giudicati «avventati» dalla Corte dei conti. «L’aumento del debito pubblico – ha puntualizzato De Dominicis – è stato pagato da tutti con le manovre finanziarie fino alla somma di 120 miliardi di euro». Una richiesta di risarcimento pesantissima – già a Trani S&P e Fitch hanno negato qualsiasi responsabilità – che però potrebbe essere addirittura sbagliata per difetto. È solo una «valutazione approssimativa, “de minimis”», ha detto il Pg: da «ulteriori accertamenti» dei consulenti emergerebbe un danno «ben oltre i 120 miliardi». I responsabili delle tre agenzie di rating, ha riferito De Dominicis, «hanno scaricato le responsabilità affermando che le analisi venivano dall’estero». E se sarà così, ha rimarcato, manderà comunque «gli avvisi a dedurre all’estero» alle tre agenzie, due delle quali «hanno costituito contratti pubblici col ministero dell’Economia» mentre per la terza si parla di «illecito extracontrattuale».
Un ringraziamento non casuale, del resto, De Dominicis ha rivolto pubblicamente alla Procura di Trani e alla polizia tributaria di Bari. Accogliendo anche con una «nota di compiacimento» la recente decisione di Barack Obama di agire contro S&P per i giudizi sul rating Usa.
La notizia delle indagini sulle agenzie di rating non hanno tuttavia oscurato le nuove, pesantissime denunce arrivate ieri dalla Corte dei conti del Lazio. La corruzione e la «disinvolta gestione della cosa pubblica», ha denunciato il presidente della sezione laziale della Corte dei conti, Ivan De Musso, sono due vere e proprie emergenze. In primissimo piano adesso anche i derivati risalenti al 2004 stipulati dal Comune di Roma con JP Morgan: un contratto da 400 milioni sul quale il Pg ha annunciato che è stata avviata un’indagine ad hoc. I derivati, ha detto, «sono bombe a fior d’acqua, incompatibili con la corretta gestione delle risorse pubbliche».
D’altra parte le inchieste in corso coinvolgono tutti settori della Pa. Dalle opere pubbliche alla gestione dei tributi, dai danni ambientali alla sanità. Passando per l’allarme sul gioco d’azzardo (inchiesta sui concessionari delle slot con una prima condanna da 2,5 miliardi) definito «brodo di coltura delle organizzazioni malavitose». Il tutto, però, nella sostanziale «inefficacia» dell’azione amministativa. Lasciando per di più disarmata la Corte dei conti a causa di scelte del legislatore che hanno spuntato le unghie alla magistratura contabile. «Il legislatore – accusa De Musso – ha inopinatamente e irragionevolmente compresso il potere di iniziativa del pubblico ministero».