Siamo allo scontro, anche se all’insegna del bon ton, tra governo e Csm. Con il vice presidente di palazzo dei Marescialli Giovanni Legnini impegnato a portare avanti un suo progetto, un’autoriforma del Csm che, dall’interno, corregga le più macroscopiche storture del Consiglio, dalle nomine con tempi lunghissimi, più volte bacchettate dal Colle, ai “pacchetti” di capi uffici concordati dalle correnti, dai ritardi dei consigli giudiziari nel disegnare i profili dei candidati alla sezione disciplinare, tuttora composta anche da chi è inserito nelle altre commissioni.
Negli stessi giorni in cui il Guardasigilli Andrea Orlando stava per affidare all’ex vice presidente del Csm Michele Vietti la presidenza di una commissione per studiare la riforma del Consiglio, Legnini ha fatto il giro delle stanze che contano, compresa quella di Sergio Mattarella, nella veste di presidente del Csm, e ha spiegato la sua idea. Un’autoriforma che garantisce tempi assai più rapidi rispetto a una legge. Mattarella, a questo punto, è pronto a partecipare al plenum che consacrerà l’iniziativa di Legnini. Il quale, da ieri pomeriggio, è impegnato a discuterne con i consiglieri. Ma fuori monta preoccupazione e contrarietà.
La preoccupazione è quella di Orlando. Attento a vedere che succede, il ministro della Giustizia non intralcia Legnini, ma è ben deciso a non archiviare il suo progetto di riforma. «Insedierò comunque una commissione e starò a vedere che cosa fa il Csm. Leggerò quel progetto, ma di certo non rinuncio a una legge di riforma fatta dal governo». Di certo non ci rinuncia Renzi. E neppure Enrico Costa che, da vice ministro, sta mettendo insieme il dossier delle doglianze contro il Consiglio. I gruppi di Camera e Senato del partito ne hanno discusso e la parola d’ordine, riassunta da Costa, è «andare avanti su una riforma decisa del Csm che faccia emergere le energie migliori tra i magistrati e non solo quelle indicate dalle correnti». Scontro assicurato, dunque.