Al fine di accertare il corretto avveramento della condizione di procedibilità della domanda, occorre verificare se il contenuto dell’istanza di mediazione corrisponda a quello del successivo atto introduttivo del giudizio.
Nell’affermare tale principio, il Tribunale di Bari ricorda che la questione è disciplinata dall’art. 4 del D.Lgs. 28/2010, che, nel dettare le disposizioni inerenti l’accesso alla procedura stragiudiziale, individua l’ambito territoriale di cui deve far parte l’organismo ove viene depositata l’istanza di mediazione, nonché i contenuti essenziali dell’istanza medesima.
In particolare, quest’ultima deve contenere l’indicazione dell’organismo, delle parti, dell’oggetto e delle ragioni della pretesa. Dunque, “Il contenuto di tale previsione normativa è “praticamente equivalente” a quello dell’art. 125 c.p.c., concernente, in generale, i contenuti minimi che un atto promanante dalle parti deve avere. Muovendo da questa constatazione, si può affermare che l’applicazione dell’art. 4 implica che vi debba essere simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e quanto esposto in sede processuale”.
In altre parole, l’istanza di mediazione deve ricalcare la futura domanda di merito, evidenziando gli elementi fattuali che saranno indicati in sede giudiziale. Questo consente, da un lato, di far svolgere alla mediazione la funzione deflattiva che le è propria e, dall’altro lato, di mettere parte chiamata nella condizione di conoscere le ragioni della controversia e di partecipare fattivamente alla procedura.
Ne consegue che “Una domanda processuale diversa, che esuli, anche solo in parte, da quella prospettata in sede di mediazione, va quindi considerata una domanda nuova rispetto a quella passata per il filtro della mediazione ed in grado di superare, almeno in astratto, il giudizio sulla procedibilità”.
22.05.2025
