La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa al rapporto tra misure cautelari penali (sequestro e confisca) e procedure esecutive individuali.
La vicenda trae origine dall’opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dal debitore esecutato e fondata sul presupposto secondo cui la trascrizione di un sequestro penale sul bene staggito, sebbene successiva al sequestro conservativo richiesto dal creditore procedente e all’iscrizione ipotecaria del creditore intervenuto sul medesimo bene, dovrebbe comportare l’estinzione della procedura esecutiva in corso.
Il Giudice dell’Esecuzione, nel valutare la fondatezza dell’opposizione, ha rilevato un contrasto riguardo la disciplina applicabile, con inevitabili ripercussioni sulla procedura esecutiva immobiliare pendente.
Secondo il Tribunale, difatti, il sequestro in oggetto non ricade né direttamente, né indirettamente nell’ambito di applicazione del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice antimafia), ma è da qualificarsi quale sequestro preordinato alla confisca “ordinaria” di cui all’art. 322-ter c.p., il cui rapporto con l’esecuzione individuale non è disciplinato da una specifica regolamentazione normativa e, anzi, ha originato contrastanti decisioni della giurisprudenza di merito.
Ed invero, nel caso in cui il sequestro fosse stato riferibile all’art. 55 del Codice Antimafia, lo stesso avrebbe precluso l’inizio e la prosecuzione delle azioni esecutive, in quanto i beni già staggiti sarebbero stati affidati all’amministratore giudiziario e le procedure già pendenti sospese sino alla conclusione del procedimento di prevenzione, con conseguente chiusura qualora intervenisse un provvedimento definitivo di confisca dei cespiti pignorati.
Alla luce di tali considerazioni, il Giudice dell’Esecuzione ha disposto il rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., chiedendo di risolvere la questione relativa al regime di opponibilità del sequestro preventivo o della confisca ordinaria nei confronti del creditore che abbia iscritto ipoteca o trascritto pignoramento prima dell’emissione o trascrizione, nei registri immobiliari, della medesima confisca o del sequestro.
Ritenuto ammissibile il rinvio, il Pubblico Ministero ha chiesto alla Corte di risolvere la questione, applicando il principio dell’ordo temporalis: in altre parole, se il sequestro o la confisca intervengono dopo l’inizio della procedura esecutiva o l’iscrizione ipotecaria, i diritti dei creditori terzi prevalgono, consentendo la prosecuzione dell’esecuzione forzata e la conclusione con vendita e predisposizione del piano di riparto secondo le regole ordinarie, riconoscendo al creditore ipotecario la prelazione prevista dalla legge.
Chiamata a pronunciarsi, la Corte ha ritenuto che, nella disamina della disciplina applicabile nei rapporti tra il sequestro preventivo o la confisca ordinaria e procedure esecutive individuali, è necessario considerare quanto disposto dall’art. 104-bis disp. att. c.p.p., così come modificato dal D.lgs. n. 14 del 2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza).
La predetta norma, infatti, stabilisce che le disposizioni relative alla tutela dei terzi creditori, previste per il sequestro e la confisca di prevenzione (disciplinate dal Codice Antimafia), si applicano anche al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cui agli artt. 321, comma 2, c.p.p. e 322-ter c.p.
Di conseguenza, per il Collegio, la norma deve essere interpretata nel senso che, in caso di sequestro ex art. 321, comma 2, c.p.p., le disposizioni del Titolo IV, Libro I, del Codice Antimafia — in particolare l’art. 55 — si applicano anche alle procedure esecutive individuali, superando l’orientamento che, per la confisca “ordinaria”, faceva riferimento al criterio dell’ordo temporalis delle formalità pubblicitarie.
I giudici di legittimità hanno però evidenziato che l’estensione indiscriminata della disciplina del Codice Antimafia ai sequestri preventivi e alla confisca ordinaria può porre l’art. 104-bis disp. att. c.p.p. — e, con esso, l’applicazione del d.lgs. n. 159/2011 — in contrasto con gli artt. 3, 24, 42 e 117, comma 1, della Costituzione.
Difatti, sottoporre il creditore ipotecario alle stringenti condizioni del Codice comporta un irragionevole sacrificio dei suoi diritti, pur in assenza di qualsiasi coinvolgimento in attività criminali del debitore. Ciò è particolarmente evidente nelle ipotesi di confisca per equivalente, in cui il nesso tra il bene ipotecato e il reato è tenue e difficile da individuare. In tali casi, viene ingiustamente compromessa la possibilità del creditore di soddisfarsi sul bene oggetto della garanzia reale, nonostante il diritto di sequela e la prelazione riconosciuti dall’ordinamento, salvo il limite dell’eventuale insufficienza del ricavato.
Per tali motivi, la Corte di Cassazione ha rilevato d’ufficio e rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p., nella parte in cui stabilisce che, nei rapporti con le procedure esecutive individuali, anche al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente — ex artt. 321, comma 2, c.p.p. e 322-ter c.p. — nonché alla confisca stessa, si applichi la disciplina del Codice Antimafia, anziché la regola dell’ordo temporalis delle formalità pubblicitarie.
La pronuncia della Corte Costituzionale avrà, pertanto, il pregio di chiarire in modo definitivo i limiti e le condizioni per la tutela dei creditori che vedono compromessi i loro diritti a fronte di un sequestro penale (seppur successivo al proprio privilegio) sui beni del debitore.
28.10.2025