Con provvedimento del 18.07.2025 il Tribunale di Ravenna ha così statuito “il provvedimento definitivo della fase cautelare sarà in ipotesi suscettibile solo di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.: è proprio “l’ordinanza” conclusiva del giudizio di reclamo ex art. 591-ter c.p.c., infatti, ad essere reclamabile, e non certo il “decreto”, avente carattere meramente ordinatorio e destinato ad essere in toto sostituito dalla ordinanza”.
La pronuncia in esame trae origine da un reclamo promosso da S.B. avverso il decreto emesso dal GE con cui rigettava l’istanza di sospensione inaudita altera parte delle operazioni di vendita e contestualmente fissava l’udienza per la discussione dell’istanza di sospensione nel contraddittorio tra le parti. Nello specifico, i reclamanti nonché i soggetti interessati all’acquisto dei lotti posti in vendita e provvisoriamente aggiudicati in esito alla gara telematica, contestavano l’esito della stessa in quanto avrebbero presentato un’offerta di acquisto, incontrando, tuttavia, problematiche tecniche.
Sul punto, venivano investiti della questione sia il professionista delegato sia il GE il quale ha reso il sopracitato provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione inaudita altera parte delle operazioni di vendita.
Il reclamo è stato dichiarato inammissibile.
A fondamento di tale decisione giova precisare che la norma di riferimento è l’art. 591 ter c.p.c. la quale prevede che “Le parti e gli interessati possono proporre reclamo […] avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice (dell’esecuzione) il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Contro il provvedimento del giudice è ammesso il reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies”.
Nel caso di specie, era pacifico che il Giudice dell’Esecuzione non si fosse ancora pronunciato (con ordinanza) in merito all’istanza di sospensione delle operazioni di vendita veicolata dai ricorrenti; infatti, si è limitato a respingere l’istanza tesa all’emissione di un provvedimento inaudita altera parte, rinviando la decisione cautelare all’esito della discussione nel contraddittorio tra le parti.
Ciò posto, infatti, è coerente con la lettura che da tempo riguarda la (non) reclamabilità dei provvedimenti (decreti) resi inaudita altera parte nell’ambito del procedimento cautelare uniforme ex art. 669-sexies, co. 2, c.p.c..
Fermo quanto sopra, non è sfuggito al Collegio che i reclamanti abbiano suggerito un ulteriore tema: la reclamabilità di un decreto che, nel rigettare l’istanza inaudita altera parte, fissi l’udienza di comparizione ad un’epoca in cui l’ordinanza cautelare, quand’anche di accoglimento, sarebbe ormai inservibile agli istanti, per il radicale ed irreversibile mutamento delle circostanze di fatto o di diritto.
Ed infatti, il timore dei reclamanti è che nelle more della celebrazione dell’udienza possa essere emesso il decreto di trasferimento degli immobili aggiudicati provvisoriamente: a quel punto, l’eventuale accoglimento dell’istanza di sospensione delle operazioni di vendita sarebbe per loro inutiliter data.
Tale timore, tuttavia, per il Collegio è del tutto destituito di fondamento.
In primo luogo, per ragioni giuridiche, considerato che il decreto di trasferimento rimane impugnabile ex art. 617 c.p.c. non solo per vizi suoi propri, ma anche per ribadire eventuali doglianze già svolte (ed accolte) in sede di reclamo.
In secondo luogo, in ragione di pure considerazioni pratiche, è irragionevole immaginare la pronuncia di tale decreto, da parte dello stesso GE investito di tale potere, in epoca anteriore alla decisione sull’istanza, tenuto altresì conto del fatto che la “bozza” di esso, ex art. 591-bis c.p.c. dovrà essere predisposta dal Professionista delegato il cui atto è stato impugnato.
Dall’altro lato, poi, nel caso de quo, i reclamanti non hanno fornito elementi che possano indurre a ritenere che il “saldo-prezzo” venga (o sia stato) versato dagli aggiudicatari provvisori in un momento precedente allo spirare del termine di 120 giorni previsto nell’avviso di vendita che possa condurre quindi all’espletamento dei successivi adempimenti relativi al decreto di trasferimento.
Per i motivi sopra esposti il Collegio ha dichiarato il reclamo inammissibile e condannato i reclamanti alla refusione delle spese in favore dei reclamati.
13.11.2025