16.10.2025 Icon

Periculum in mora: non è sufficiente il timore del “pignoramento futuro”

Con l’ordinanza in commento, il Tribunale di Tivoli è intervenuto su una questione giuridica ricorrente, confermando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui non si configurerebbe il periculum in mora in relazione al cosiddetto “pignoramento futuro”.

Secondo il Giudice, infatti, il semplice timore di un successivo pignoramento non è sufficiente ad integrare il requisito del periculum, necessario invece per ottenere la sospensione di un procedimento esecutivo, richiamando in tal senso l’orientamento volto a contenere un uso opportunistico degli strumenti cautelari.

Il caso: opposizione a precetto e istanza cautelare

La vicenda trae origine da un’opposizione a precetto formulata dai debitori, con la quale è stata chiesta, in via preliminare, la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e del precetto opposto.

La domanda cautelare, tuttavia, non è stata accolta dal Giudice di merito, il quale ha rilevato non solo l’assenza di un concreto periculum in mora, ma anche l’infondatezza del fumus boni iuris relativamente alla legittimazione attiva della società opposta, nonché l’irrilevanza delle altre eccezioni sollevate, in quanto riguardanti esclusivamente il quantum.

Avverso l’ordinanza di rigetto, gli opponenti proponevano reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., deducendo, in primo luogo, l’esistenza – nel caso di specie – di un grave e irreparabile pregiudizio derivante dall’imminente vendita dell’unico immobile adibito ad abitazione familiare, nonché la nullità assoluta della cessione del credito per violazione di norme imperative e la carenza di legittimazione attiva della società opposta.

Chiamato a decidere della questione, il Tribunale di Tivoli ha ritenuto infondata l’istanza ex art. 615, comma 1, c.p.c. e ha, dunque, rigettato il reclamo, non ravvisando, nel caso di specie, i “gravi motivi” di cui al medesimo articolo.

Quando sussiste davvero il periculum in mora?

Sul punto, il Collegio ha precisato che, nel caso dell’istanza cautelare invocata in sede di opposizione a precetto, il presupposto del periculum in mora assume carattere più stringente sotto il profilo sostanziale, in quanto l’azione di merito ha ad oggetto un’esecuzione solo minacciata.

Pertanto, la valutazione del periculum in mora deve essere compiuta verificando se il pignoramento possa determinare un concreto e specifico pregiudizio ai diritti che si assumono minacciati dall’azione esecutiva, ciò in quanto, osserva il Collegio, “è il pignoramento l’unico atto attraverso il quale la minaccia di inizio dell’esecuzione può essere attuata nelle more del giudizio di opposizione, ponendosi quelli successivi (e, segnatamente, il decreto di trasferimento) nella diversa prospettiva della lesione da espropriazione attuata e non solo minacciata”.

Di conseguenza, è fondamentale che la parte alleghi e dimostri uno specifico pregiudizio derivante dal vincolo di indisponibilità giuridica discendente dal pignoramento, non potendo – in sede cautelare – valutarsi, quali ulteriori pregiudizi, quelli legati agli atti che definiscono il concreto esito del giudizio esecutivo e che devono, invece, essere necessariamente vagliati ai sensi dell’art. 615, comma 2, c.p.c. e dell’art. 624 c.p.c.

Nel caso di specie, le parti reclamanti si sono limitate a rilevare come l’immobile interessato dal successivo pignoramento (avvenuto dopo la proposizione dell’opposizione a precetto) fosse adibito a casa familiare e come l’eventuale espropriazione dello stesso le avrebbe private della dimora domestica.

Per il Tribunale dette circostanze, tuttavia, non configurano un pregiudizio ricollegabile alla minacciata azione esecutiva né al vincolo imposto dal pignoramento, il quale si atteggia piuttosto ad indisponibilità giuridica della res, che non pregiudica il suo utilizzo.

Occupazione e custodia: i limiti all’ordine di liberazione

Infine – conclude il Collegio – anche considerando la possibilità di estendere gli atti esecutivi conseguenti al precetto fino alla sostituzione del custode ai sensi dell’art. 559 c.p.c., occorre evidenziare che, trattandosi di un immobile destinato ad abitazione familiare, la nomina del custode giudiziario non può comportare l’emissione dell’ordine di liberazione dell’immobile, in conformità a quanto espressamente previsto dall’art. 560 c.p.c. (salvo il caso in cui gli occupanti si rendano responsabili delle violazioni tipizzate in tale disposizione).

Pertanto, alla luce delle considerazioni sopra esposte, il Tribunale di Tivoli ha confermato il corretto rigetto dell’istanza di sospensione cautelare da parte del Giudice dell’opposizione.

Autore Chiara Calì

Associate

Milano

c.cali@lascalaw.com

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