In caso di contrasto tra genitori in ordine a questioni di maggiore interesse per i figli minori, quali principi devono orientare il Giudice chiamato ad ingerirsi nella vita privata della famiglia?
Nell’ambito di un procedimento per divorzio, Tizia chiedeva l’autorizzazione all’iscrizione del figlio minorenne, per il ciclo di scuola secondaria di prima grado, presso l’istituto già frequentato.
A seguito dell’audizione del minore, il Tribunale autorizzava la madre, anche senza il consenso del padre, all’iscrizione del minore presso l’istituto indicato, anche per salvaguardare l’interesse del ragazzo a proseguire il percorso scolastico presso l’istituto già frequentato, elemento di stabilità e di continuità relazionale e sociale, anche alla luce della forte conflittualità tra i genitori.
Avverso il suddetto provvedimento proponeva reclamo il padre che confermava il provvedimento di primo grado. La Corte d’Appello osservava come dall’audizione del minore era emerso il suo desiderio di poter continuare a frequentare la medesima scuola, dove aveva numerose amicizie e buoni rapporti con gli insegnanti.
Peraltro, dalla relazione psicodiagnostica emergeva come il minore avesse bisogno di stabilità e conservazione dei riferimenti acquisiti, anche alla luce di un disturbo non meglio precisato di cui soffriva.
Il padre ricorreva pertanto per Cassazione eccependo che la Corte d’Appello (i) non avrebbe comparato l’offerta formativa, gli ambienti scolastici, la collocazione logistica e i costi della scuola privata proposta dalla mamma rispetto a quella pubblica da lui proposta, (ii) autorizzando l’iscrizione presso una scuola di matrice cattolica avrebbe vanificato il principio di laicità dello stato determinando così una coazione del minore verso una determinata religione condizionando la sua libertà di autodeterminazione e (iii) non avrebbe dovuto attribuire un rilievo decisivo ai desideri espressi dal minore in una scelta così importante per la sua crescita.
La Corte di Cassazione ha immediatamente chiarito che il contrasto insorto tra genitori legalmente separati, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, in ordine alla scelta della scuola (se d’ispirazione “religiosa” o “laica”) presso cui iscrivere i figli, deve essere risolto in considerazione dell’esigenza di tutelare il preminente interesse dei minori a una crescita sana ed equilibrata, e importa una valutazione di fatto, non sindacabile nel giudizio di legittimità.
Tale valutazione che può ben essere fondata sull’esigenza, in una fase esistenziale già caratterizzata dalle difficoltà conseguenti alla separazione dei genitori, di non introdurre fratture e discontinuità ulteriori, come facilmente conseguenti alla frequentazione di una nuova scuola, assicurando ai figli minori la continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativa.
La Corte ha poi continuato affermando che, in caso di contrasto tra genitori in ordine a questioni di maggiore interesse per i figli minori, la relativa decisione rimessa al giudice, il quale, chiamato, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia attraverso l’adozione dei provvedimenti relativi in luogo dei genitori, deve tener conto esclusivamente del superiore interesse, morale e materiale, del minore a una crescita sana ed equilibrata.
Ciò determina che il conflitto sulla scuola primaria e dell’infanzia, pubblica o privata, presso cui iscrivere il figlio, deve essere risolto verificando non solo la potenziale offerta formativa, l’adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l’assolvimento dell’onere di spesa da parte del genitore che propugna la scelta onerosa ma, innanzitutto, la rispondenza al concreto interesse del minore, in considerazione dell’età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell’istituto scolastico rispetto all’abitazione del bambino, onde consentirgli di avviare e/o incrementare rapporti sociali e amicali di frequentazione extrascolastica, creando una sua sfera sociale, e di garantirgli congrui tempi di percorrenza e di mezzi per l’accesso a scuola e il rientro alla propria abitazione.
Analizzando la concreta fattispecie sottoposta al suo vaglio, la corte di legittimità ha precisato che la Corte d’Appello ha adeguatamente argomentato nel senso che la scelta della prosecuzione del ciclo scolastico secondario (dopo la scuola elementare) rispondeva all’esigenza di preservare il miglior interesse del minore il quale aveva espresso il desiderio di continuare a frequentare l’istituto privato dove aveva numerose amicizie e buoni rapporti con gli insegnanti. Tali circostanze erano peraltro emerse anche dalla relazione psicodiagnostica preventivamente richiesta da entrambi i genitori.
Pertanto, la Corte di Cassazione osserva che la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che l’esigenza di garantire la piena liberà di credo religioso a favore del minore era da ritenere recessiva rispetto al superiore interesse di quest’ultimo di soddisfare i propri desideri di continuare la frequentazione della scuola privata e di garantirne la crescita equilibrata e stabile, fondata sui riferimenti sociali acquisiti.
La suprema corte ha poi precisato che non può, infine, obiettarsi che la decisione impugnata possa essere intesa come una violazione del principio di laicità del nostro ordinamento costituzionale, in quanto essa esprime, di fatto, un plausibile giudizio di bilanciamento dello stesso con i principi di rango costituzionale afferenti alla cura e alla tutela dei minori, in ogni loro declinazione.
In conclusione, il detto principio di laicità non può essere invocato in termini assoluti, né esso può assurgere a valore tiranno, rispetto agli altri, pure in gioco, la cui portata è stata legittimamente limitata in ragione della tutela degli interessi del minore e dei limiti strettamente indispensabili per realizzare tale tutela sì che la complessiva ponderazione giudiziale risulta immune dai pretesi vizi logici e giuridici. Le spese seguono la soccombenza.
La Corte di Cassazione ha pertanto rigettato il ricorso del padre, confermando il provvedimento impugnato.