Il tentativo del conduttore di paralizzare lo sfratto per finita locazione non ha successo.
Il locatore aveva infatti intimato lo sfratto in relazione all’immobile oggetto di locazione ad uso commerciale e la società conduttrice si era opposta, eccependo l’esistenza di un vincolo di natura amministrativa e l’esigenza di tutela dell’attività (bar) quale bene di interesse storico.
I giudici, sia in primo che in secondo grado, accolgono lo sfratto, dichiarando la cessazione del contratto per finita locazione e confermando l’ordinanza di rilascio.
La Corte territoriale, in particolare, evidenzia che, pur in presenza di decreti ministeriali e dell’importanza storica, artistica e culturale del bar, prevale l’interesse ad agire del proprietario al fine del rilascio alla data di scadenza della locazione. Diversamente, vi sarebbe un’arbitraria proroga con effetti permanenti del rapporto di locazione.
La società conduttrice propone ricorso in Cassazione.
A parere della Suprema Corte, il vincolo non poteva essere identificato con quello specifico contratto di locazione e con quello specifico conduttore.
Difatti il vincolo apposto dal decreto ministeriale comportava certamente un sacrificio per il diritto dominicale dell’ente ricorrente, limitando la possibilità di destinazione dell’immobile, che doveva essere compatibile con l’attività commerciale svolta nello storico locale, ma detto sacrificio, era legittimo alla luce della legislazione vincolistica, rientrando nel potere conformativo attribuito all’amministrazione con riguardo a categorie particolari di beni.
Questa ricostruzione significava che il vincolo istituito aveva oggetto il locale, i preziosi arredi in esso contenuti e la licenza di esercizio, nel senso che il locatore non poteva sottrarre il complesso dello storico bar alla destinazione a suo tempo stabilita; ma non poteva certo tradursi in un divieto, a carico del locatore, di intimare uno sfratto per finita locazione.
In sintesi, il vincolo di destinazione d’uso non comportava l’obbligo di esercizio o prosecuzione dell’attività o una sorta di riserva di attività, ma precludeva ogni uso incompatibile con la conservazione materiale della res. La Cassazione rigetta il ricorso con enunciazione del seguente principio di diritto: «Qualora un bene immobile, per il quale sia stato stipulato un contratto di locazione ad uso commerciale, risulti classificato, in base ad un provvedimento amministrativo quale bene di interesse particolarmente importante, determinandosi in tal modo un vincolo artistico e culturale non soltanto sull’immobile, ma anche sugli arredi, le decorazioni, i cimeli storici e la relativa licenza di esercizio, la sussistenza di tale vincolo non si traduce, per il proprietario, nel divieto di intimare al conduttore la licenza per finita locazione, ma soltanto nell’obbligo di garantire la continuità della destinazione del bene nei termini indicati dal provvedimento istitutivo di quel vincolo».