Con una recente ordinanza, il Tribunale di Lodi ha dichiarato la risoluzione di un contratto sottoscritto da una coppia di aspiranti viaggiatori con l’agenzia di viaggi e condannato quest’ultima a restituire quanto versato per il pacchetto turistico non utilizzato a causa della diffusione della pandemia.
Il giudizio era stato promosso da due turisti che, proprio a causa della nota pandemia e della conseguente impossibilità di viaggiare, avevano richiesto all’agenzia la restituzione della somma versata.
Più in particolare, la coppia di turisti aveva domandato l’annullamento del viaggio dopo che il medico aveva sconsigliato alla donna, affetta da epatite autoimmune, di intraprendere viaggi aerei nel periodo concomitante alla più grave diffusione del virus.
Proprio la motivazione esposta dai turisti era stata assunta dall’agenzia di viaggi come pretesto per rifiutare la domanda di rimborso: sarebbero state le condizioni di salute della donna a dissuadere la coppia dall’affrontare il viaggio e non la pandemia, con la conseguenza che, nel caso di specie, non avrebbero potuto trovare applicazione né i rimedi previsti dall’art. 28 del d.l. n. 9/2020, né l’art. 1463 del codice civile che regola specificamente la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta.
Una tesi che, tuttavia, non ha trovato il favore del Tribunale di Lodi il quale, chiamato a pronunciarsi sulla questione, ha evidenziato come la patologia allegata dalla donna, in realtà, non potesse prescindere dalla diffusione del Coronavirus e come tutte le circostanze complessivamente esposte e considerate (compreso il fatto che il paese individuato dalla coppia come destinazione turistica, nel periodo prescelto, avesse sospeso gli sbarchi dall’Italia per trenta giorni) portassero senz’altro all’applicazione dei rimedi previsti dal Governo per fronteggiare l’emergenza pandemica e delle norme codicistiche.
Invero, secondo il Tribunale competente “Il contratto stipulato tra tour operator/agenzia viaggi e consumatore si qualifica come contratto a prestazioni corrispettive, sicché nel caso di impedimento soggettivo del fruitore della prestazione si applica l’art. 1463 c.c. nell’ipotesi in cui la causa del contratto, consistente nella fruizione di un viaggio con finalità turistica, diviene inattuabile per una causa di forza maggiore, non prevedibile e non ascrivibile alla condotta dei contraenti, con il conseguente diritto di richiedere la restituzione delle somme già versate”.
La restituzione delle somma – o l’emissione di un voucher di importo pari al prezzo versato – diviene poi obbligatoria se si considera che il richiamato art. 28 del d.l. n. 9/2020, al comma 1 lettera f) prevede espressamente che la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1463 del codice civile, in relazione ai contratti di trasporto aereo, ferroviario e marittimo, ricorra ogni qualvolta, dagli Stati esteri, sia impedito o vietato lo sbarco ai soggetti intestatari di un titolo di viaggio acquistato in Italia.
Sulla scorta delle argomentazione che precedono il Tribunale di Lodi ha dunque condannato l’agenzia di viaggio a restituire alla coppia il prezzo versato al momento della stipulazione del contratto e al pagamento delle spese di lite.
Trib. Lodi, Ord., 19 gennaio 2022, n. 1179
Federica Vitucci – f.vitucci@lascalaw.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA