22.09.2025 Icon

Commenti diffamatori e obbligo di intervento: cosa cambia per i gestori di spazi digitali

La recente pronuncia della Corte di Cassazione civile n. 17360 del 2025 segna un passaggio significativo nella definizione dei confini di responsabilità civile del gestore di un blog per i contenuti diffamatori pubblicati da terzi nei commenti: la Suprema Corte afferma con chiarezza che il gestore non è tenuto a un controllo preventivo generalizzato, ma può essere chiamato a rispondere se, dopo aver acquisito conoscenza concreta e circostanziata dell’illiceità di un commento — anche a seguito di una segnalazione non proveniente dalle autorità — non provvede tempestivamente alla sua rimozione.

Il caso concreto: commenti diffamatori ignorati per settimane

Il caso prende le mosse dalla pubblicazione, sul blog gestito dal convenuto, di commenti ingiuriosi e diffamatori nei confronti di un esponente politico locale; la persona offesa aveva individuato la pagina e aveva formalmente richiesto la rimozione del materiale offensivo, che tuttavia rimase online per diverse settimane aggravando l’esposizione pubblica della persona. Dopo il rigetto delle pretese risarcitorie in primo grado e in appello, la controversia è approdata in Cassazione con il nodo centrale incentrato sull’esistenza o meno di un obbligo in capo al gestore del blog di attivarsi in seguito a una segnalazione espressa e circostanziata.

Il principio di diritto: segnalazione chiara impone rimozione

La Corte, pur distinguendo il ruolo del gestore da quello del provider professionale soggetto alla disciplina del d.lgs. 70/2003, individua un criterio operativo che armonizza l’esenzione prevista per l’hosting provider con l’esigenza di tutela della reputazione: il titolare di uno spazio partecipativo che non svolge attività editoriale professionale non è soggetto a un obbligo di monitoraggio preventivo dei contributi altrui, ma è tenuto ad intervenire tempestivamente quando riceva una segnalazione chiara, motivata e idonea a rendere manifesta l’illiceità del contenuto.

Il principio di diritto: segnalazione chiara impone rimozione

La fonte della segnalazione non è decisiva in quanto tale: la comunicazione da parte delle autorità costituisce una fonte “qualificata” ma non esclusiva della conoscenza; ciò che conta è la certezza o l’evidenza dell’illiceità che impone l’obbligo di rimozione per continuare a godere dell’esenzione dalla responsabilità.

Quando la mancata rimozione diventa responsabilità civile

L’omessa rimozione, ove il gestore abbia capacità tecnica e materiale di intervenire e abbia acquisito consapevolezza dell’illiceità, può configurare acquiescenza consapevole e costituire fonte autonoma di responsabilità aquiliana.

La pronuncia riequilibra libertà di espressione e doveri di vigilanza: non impone una censura preventiva, ma obbliga il gestore dello spazio a intervenire quando riceve segnalazioni circostanziate di illiceità, sotto pena di responsabilità per i danni derivanti dalla persistenza dei contenuti.

Libertà d’espressione e reputazione: la nuova linea di equilibrio

Resta ora da osservare come i giudici di merito recepiranno e applicheranno questo orientamento nelle concrete fattispecie e quale impatto avrà sull’eventuale adeguamento normativo delle piattaforme digitali non professionali; quel che è certo è che la sentenza invita a un riequilibrio che tutela la libertà di espressione senza lasciare indifesi i diritti alla reputazione nei contesti digitali.

Autore Roberto Plebani

Trainee

Milano

r.plebani@lascalaw.com

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