In tema di compravendita di partecipazioni sociali, i contraenti possono certamente impegnarsi al pagamento di un futuro sovrapprezzo inserendo una simile previsione all’interno di un patto parasociale concluso tra le stesse, fermo restando, tuttavia, che il sovrapprezzo potrà essere deliberato e riconosciuto solamente nell’ambito di un’assemblea che deliberi un aumento di capitale.
In tal senso si è pronunciato il Tribunale di Milano, con la sentenza pubblicata lo scorso 25 gennaio, per mezzo della quale è stata accertata l’insussistenza di un obbligo, in capo alle società attrici, di versare ai convenuti un determinato importo a titolo di sovrapprezzo, asseritamente dovuto in forza di un patto parasociale concluso tra i soci convenuti ed una delle società attrici.
All’interno del patto parasociale – che il Tribunale ha ritenuto “un vero e proprio contratto” – veniva regolato il rapporto che sarebbe intercorso tra le parti a seguito della delibera di un aumento di capitale da parte della società della quale erano soci i convenuti; aumento di capitale che sarebbe stato offerto, a pagamento, ad un’entità terza, interamente controllata dalla società sottoscrittrice dei patti parasociali. Parimenti, nello stesso patto parasociale, era stato previsto che a seguito della sottoscrizione dell’aumento di capitale, la società acquirente avrebbe versato un ulteriore somma, a titolo di sovrapprezzo del valore delle azioni acquistate. Tuttavia, la successiva delibera con la quale veniva effettivamente deliberato e sottoscritto l’aumento di capitale sociale della società target non prevedeva alcun riconoscimento di sovrapprezzo e la società acquirente si rifiutava, dunque, di corrisponderlo.
Accertata la regolarità del patto parasociale concluso tra le parti, in ragione dell’omessa previsione del sovrapprezzo all’interno della delibera, il Tribunale ha ritenuto che le società attrici non dovessero corrispondere alcunché ai soci convenuti, poiché “l’unica sede in cui il sopraprezzo può essere deliberato e riconosciuto è l’assemblea della società oggetto di aumento di capitale”. Conseguentemente, qualunque impegno che un soggetto può assumere “rispetto ad un futuro aumento di capitale e al contestuale pagamento del soprapprezzo non può avere efficacia senza la effettiva deliberazione dell’assemblea dei soci”.
Nel caso in commento, l’attrice – controllante la società che ha sottoscritto l’aumento di capitale – aveva sì concluso il patto parasociale con gli altri due soci della società target, ma in sede assembleare non veniva deliberato il riconoscimento di alcun sovrapprezzo e, pertanto, alcun obbligo di versare detto sovrapprezzo poteva essere opposto alla società che aveva sottoscritto l’aumento di capitale.
Secondo il Tribunale, infatti, “nulla vieta alle parti di impegnarsi al futuro pagamento di tale soprapprezzo”, ma in mancanza di una specifica delibera assembleare che preveda il versamento di tale sovrapprezzo, i convenuti non avrebbero potuto invocare alcun inadempimento da parte della società che aveva sottoscritto l’aumento di capitale offertole, a maggior ragione tenuto conto del fatto che la parte acquirente non era neppure parte del patto parasociale.
Peraltro, il Tribunale ha precisato che, anche laddove si fosse accertata la debenza del sovrapprezzo, perché previsto e deliberato in sede assembleare, i soci convenuti non avrebbero, comunque, avuto il diritto di incassare alcuna somma da parte del nuovo socio, posto che “tale pagamento avrebbe avuto come destinataria la società e non i soci” ai sensi di quanto previsto dall’art. 2439 c.c., ove è previsto che il versamento del prezzo debba essere effettuato proprio a beneficio della società.
Nel caso in esame, nel quale l’aumento di capitale era stato previsto mediante conferimento in denaro, il soggetto-creditore che avrebbe potuto beneficiare del sovrapprezzo, sempre qualora questo fosse stato previsto in sede assembleare, sarebbe stato esclusivamente la società medesima e non di certo i suoi soci.