19.12.2024 Icon

Recesso del socio di S.r.l.

Il diritto di recesso del socio di S.r.l. non è soggetto a termini di decadenza e non è condizionato alla liquidazione del valore della quota da parte della società.

In tal senso si è espresso il Tribunale di Firenze, con la sentenza n. 1922/2023 che rigettava la domanda di un socio recedente volta ad ottenere la condanna della società convenuta al pagamento di un importo maggiore rispetto a quello liquidatogli in attuazione del recesso da questi esercitato.

Per giungere al rigetto della domanda attorea, il Tribunale ripercorreva la disciplina del diritto di recesso prevista per le S.r.l. soffermandosi su alcuni punti di tale disciplina che va tenuta ben distinta da quella dettata in materia di S.p.a., in ragione della “diversità di presupposti del recesso nei due tipi societari”.

Innanzitutto, il Tribunale – rigettando l’eccezione di invalidità del recesso esercitato, poiché comunicato tardivamente – ricordava che la disciplina dettata dall’art. 2473 c.c. non prevede termini di decadenza e, dunque, è da ritenersi “inopportuno” assoggettare il socio di una S.r.l., “in forza di estensione analogica, ai ridotti termini di esercizio del recesso fissati per le Spa dall’art. 2437-bis c.c.”. Conseguentemente, il socio di S.r.l. che intenda recedere dalla società potrà, dunque, farlo nel semplice rispetto dei termini eventualmente previsti nello statuto sociale ovvero, in mancanza degli stessi, “secondo buona fede e correttezza”, restando inteso che sarà, poi, compito del giudice eventualmente adito valutare, volta per volta, le concrete modalità di esercizio di tale diritto nonché la “congruità del termine entro il quale tale esercizio è avvenuto, tenuto conto della pluralità degli interessi coinvolti”.

Ciò chiarito, il Tribunale – rigettando un’ulteriore eccezione della convenuta – proseguiva precisando che la dichiarazione di recesso non può certamente essere ritenuta “sospensivamente condizionata all’ottenimento del pagamento della quota” e, dunque, al rimborso della propria partecipazione.

Il diritto alla liquidazione ed al pagamento della quota di partecipazione costituisce, infatti, una conseguenza ex lege del recesso; pertanto, la trasmissione alla società della comunicazione di recesso determina, ipso iure, l’insorgenza in capo al socio recedente del diritto di credito, costituito dall’ottenimento del rimborso della partecipazione, da eseguirsi entro centottanta giorni dalla comunicazione del recesso. In ragione di ciò, il Tribunale precisava che l’esercizio di tale ragione creditoria da parte del socio recedente non potrà mai essere inteso come una condotta “impositiva di una condizione allo scioglimento del rapporto sociale”, rappresentando un diritto scaturente da tale comunicazione.

Infine, il Tribunale si pronunciava, altresì, sulla determinazione del valore della quota da liquidarsi al socio recedente, sostenendo che detta liquidazione deve essere effettuata “al valore di mercato del patrimonio sociale al momento della dichiarazione di recesso”, così che il “disinvestimento della partecipazione avvenga in modo tale da garantire al socio recedente la corresponsione di una somma corrispondente al valore effettivo della propria quota”. Valore di mercato che, secondo il Tribunale, è ravvisabile in quel valore “che intrinsecamente il patrimonio sociale avrebbe, qualora fosse oggetto di scambio e che deve, dunque, riflettere il valore corrente dei cespiti aziendali, oltreché l’eventuale valore di avviamento”.

Autore Matteo Rebecchi

Associate

Bologna

m.rebecchi@lascalaw.com

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