Non costituisce abuso di maggioranza la delibera con cui il socio di minoranza non venga riconfermato nel consiglio di amministrazione, qualora tale decisione non leda i suoi diritti partecipativi ma incida su aspettative di natura meramente economica, quali la percezione di un emolumento come amministratore.
Con un provvedimento del 22 marzo 2025, la Sezione Specializzata in materia di impresa del Tribunale di Venezia ha ribadito i confini dell’abuso di maggioranza nelle S.r.l., escludendone la configurabilità nel caso di mancata rinomina di un socio nella carica di amministratore.
La vicenda: socio escluso dal nuovo CdA
La vicenda trae origine dall’impugnazione, da parte di un socio di minoranza titolare del 25% del capitale, della delibera assembleare con la quale veniva nominato a tempo indeterminato il nuovo consiglio di amministrazione della società, escludendolo dalla compagine gestoria. Il socio ricorrente sosteneva che la decisione della maggioranza fosse viziata da abuso, in quanto assunta al solo scopo di danneggiarlo, privandolo degli emolumenti connessi alla carica di amministratore e precludendogli, altresì, la possibilità di prestare la propria attività all’interno della società.
Il Tribunale, nel rigettare l’istanza di sospensiva, ha precisato che l’abuso di maggioranza si configura qualora i soci esercitino il diritto di voto in violazione del principio di buona fede, con l’unico scopo di arrecare pregiudizio al socio di minoranza. Tuttavia secondo il Tribunale la lesione, per essere giuridicamente rilevante, deve necessariamente incidere sui diritti partecipativi del socio, ossia quelli direttamente derivanti dal contratto sociale.
Nessuna lesione dei diritti sociali del socio
Nel caso di specie, infatti, il Tribunale ha osservato come la delibera impugnata non avesse minimamente intaccato la posizione del ricorrente in qualità di socio, i cui diritti rimanevano integri. Il pregiudizio lamentato, di natura puramente economica e legato alla perdita della carica di amministratore, è stato pertanto qualificato come estraneo alla sfera dei diritti sociali tutelati.
Sul punto, il Tribunale ha affermato che “quanto viene prospettato è un più generale danno economico conseguente alla mancata rinomina come amministratore, e alla allegata impossibilità di prestare opera in società, il che nulla ha a che fare con la posizione di socio”, sottolineando inoltre come l’aspettativa di essere rinominato amministratore non costituisca un vero e proprio diritto tutelabile, così come non lo è la generica aspettativa di trarre un reddito continuativo dalla società diverso dalla distribuzione degli utili.
Discrezionalità e legittimità della scelta assembleare
In definitiva, il Tribunale di Venezia ha affermato che la scelta della maggioranza di non includere il socio di minoranza nel nuovo organo amministrativo, sebbene costituito a tempo indeterminato e in discontinuità rispetto al precedente assetto, rientra nella libera discrezionalità dei soci. Tale decisione non integra un abuso del diritto di voto, salvo che sia dimostrata una lesione diretta dei diritti spettanti al socio in quanto tale, e non già in relazione a diverse qualifiche o aspettative.