05.12.2024 Icon

Il socio-amministratore può attribuirsi il compenso

È valida la delibera che attribuisce il compenso all’amministratore, anche se adottata con il voto determinante espresso dall’amministratore medesimo che abbia partecipato all’assemblea in qualità di socio, se non risultano pregiudicati gli interessi della società.

Il principio è stato recentemente confermato dalla Corte di Cassazione lo scorso 23 aprile 2024, con l’ordinanza n. 10889 di rigetto del ricorso proposto dal socio di minoranza di una s.r.l., il quale aveva agito, nei gradi di merito, per ottenere una pronuncia dichiarasse invalida una delibera assembleare, poiché ritenuta assunta con il voto determinante del socio di maggioranza, che, in tale sede, veniva confermato quale amministratore della società.

L’art. 2479-ter, 2° comma, c.p.c. prevede, infatti, che sono invalide – e, dunque, possono essere impugnate -quelle decisioni assunte con la partecipazione determinante dei soci che siano, per conto proprio o di terzi, in conflitto di interessi con la società, a condizione che dette decisioni “siano idonee a cagionare un danno alla società”.

A tale riguardo, la Suprema Corte ha precisato che al fine di accertare la sussistenza di una siffatta fattispecie e, dunque, l’applicabilità della norma suddetta, è necessario accertare che vi sia un’effettiva situazione di conflitto di interessi tra il socio e la società, nonché che il voto espresso dal socio in conflitto di interessi sia stato decisivo ai fini dell’adozione della delibera e, soprattutto, la dannosità della delibera per gli interessi sociali.

Nel dettaglio, la Corte ha chiarito che il conflitto di interessi sussiste quando vi è, in concreto, un conflitto/contrasto tra un interesse non sociale – e, dunque, “un interesse che non è in alcun modo riconducibile al contratto di società” – e uno qualsiasi degli interessi comuni ai soci, riconducibili, invece, proprio al contratto di società. Pertanto, un socio si viene a trovare in una situazione di “conflitto di interessi con la società” quando è “portatore, con riferimento a una specifica delibera, di un duplice e contrapposto interesse [quello personale e quello sociale] … e che tale duplicità di interessi sia tale per cui il socio non possa realizzare l’uno se non sacrificando l’altro”.

Ciò chiarito, qualora il conseguimento dell’interesse personale del socio non comporti un pregiudizio per la società non potrà ravvisarsi alcuna invalidità della delibera assembleare, neppure qualora questa sia stata adottata con il voto determinante “dello stesso amministratore che abbia preso parte all’assemblea in veste di socio”.

Applicando tale principio al caso in esame, la Corte ha, dunque, ritenuto che la circostanza che il socio di maggioranza abbia votato la delibera concernente, tra le altre, la determinazione del compenso attribuito allo stesso quale amministratore della società “non è idonea a dar luogo a una situazione di conflitto di interesse”, mancando elementi significativi dai quali desumere un’incompatibilità tra l’interesse individuale del socio e quello della società.

Autore Matteo Rebecchi

Associate

Bologna

m.rebecchi@lascalaw.com

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