Il Rapporto della Direzione Generale per la Proprietà Industriale (UIBM), presentato in occasione della decima Settimana Anticontraffazione, offre una fotografia nitida e misurabile di dodici mesi di attività contro la contraffazione e contro l’“Italian Sounding”.
I numeri parlano da soli: oltre 18.000 sequestri effettuati sul territorio nazionale, più di 580 milioni di articoli bloccati — dal tessile all’agroalimentare, dall’elettronica ai prodotti sanitari — e oltre 6.000 denunce alle autorità giudiziarie che hanno portato a decine di arresti. Sul versante normativo, l’entrata in vigore della disciplina “Made in Italy” (11 gennaio 2024) ha trovato applicazione in quasi 6.000 casi concreti, con una prevalenza di sanzioni amministrative maggiorate all’acquirente e l’impiego di procedure semplificate per la distruzione delle merci sequestrate in circa 244 situazioni, segno che le innovazioni legislative sono state rapidamente tradotte in prassi operativa.
Il Rapporto conferma inoltre il peso crescente del canale digitale: sono stati oscurati 252 siti dedicati al commercio illecito e la Linea Diretta Anticontraffazione ha raccolto centinaia di segnalazioni, 675 nell’anno 2024 e altre 448 solo nel primo semestre 2025. Questo dato evidenzia come la maggior parte delle violazioni oggi transiti dal web, rendendo cruciale la collaborazione tra istituzioni e piattaforme commerciali per la rimozione tempestiva delle inserzioni abusive. L’attività investigativa non si è limitata ai sequestri: progetti di sistema, tra cui linee guida investigative elaborate con UNICRI, mirano a rendere più efficaci le indagini penalistiche e a supportare gli operatori sul campo.
Accanto all’azione repressiva e normativa il Rapporto mette in luce l’importanza delle campagne di prevenzione e informazione: la Settimana Anticontraffazione, iniziativa annuale che riunisce istituzioni, forze di polizia, imprese e associazioni di consumatori, è pensata per aggiornare strumenti investigativi, coordinare controlli e sensibilizzare cittadini e scuole. Va detto anche, in termini pratici, che l’“Italian Sounding” non coincide sempre con la contraffazione tout court: si tratta dell’uso di nomi, grafica o richiami visivi che evocano l’Italia per presentare prodotti non italiani come se fossero autentici. Pur non riproducendo necessariamente un marchio registrato, questa pratica inganna il consumatore, erode il valore dei produttori genuini e può nascondere problemi di qualità. Per questo il contrasto combina più leve: certificazioni (DOP/IGP), tutela marchi, controlli amministrativi e informazione pubblica.
Per il professionista legale e per l’imprenditore i risvolti sono concreti. I dati del Rapporto suggeriscono che la difesa efficace del valore aziendale passa oggi dalla combinazione di misure preventive e reattive: cura della tracciabilità e dell’etichettatura, aggiornamento delle clausole contrattuali e delle policy di compliance, monitoraggio attivo dei canali digitali e protocolli di collaborazione con marketplace e piattaforme. Sul piano giudiziario, l’evoluzione normativa amplia gli strumenti disponibili ma richiede anche una capacità investigativa più sofisticata per ricostruire filiere e responsabilità. Per i consumatori, infine, la sfida educativa resta centrale: leggere le etichette, preferire prodotti con certificazioni chiare e diffidare delle evocazioni ingannevoli è una difesa semplice ed efficace.
In conclusione, il bilancio UIBM documenta progressi concreti: un sistema più coordinato, norme applicate in pratica e un’azione più rapida nel mondo digitale. Resta però evidente che la contraffazione è fenomeno dinamico e globale; la risposta più efficace deve quindi rimanere integrata, combinando repressione, prevenzione, formazione e cooperazione internazionale per tutelare imprese, consumatori e la reputazione del Made in Italy
30.10.2025