Le norme dettate in materia di valutazione del merito creditizio si configurano non già come norme di validità, bensì come norme di condotta: gli effetti della loro violazione, dunque, rileveranno solamente sotto il profilo risarcitorio e non, invece, sotto il diverso profilo della nullità del contratto.
Trib. Padova, 19 novembre 2024
Con la pronuncia in commento, il Tribunale di Padova torna sul tema della concessione abusiva di credito, consolidando il proprio orientamento.
La fattispecie riguarda, in particolare, un credito insinuato da una banca derivante da finanziamenti chirografari muniti di garanzia statale, il quale veniva escluso dal Giudice Delegato per asserita nullità ex art. 1418 c.c. dei contratti. Tale nullità, in particolare, avrebbe trovato fondamento nell’errata valutazione del merito creditizio da parte dell’istituto di credito, colpevole di non aver effettuato un’adeguata istruttoria.
Contro tale esclusione la banca proponeva opposizione allo stato passivo, la quale veniva accolta dal Tribunale di Padova per ragioni tanto di ordine processuale quanto sostanziale.
Quanto al primo profilo, il Collegio patavino asserisce come, non essendo i contratti di mutuo stati dichiarati nulli in un precedente e diverso giudizio di cognizione, spettasse al Fallimento dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’accertamento della nullità degli stessi: tale dimostrazione, tuttavia, non sarebbe stata raggiunta.
Quanto alle ragioni di ordine sostanziale, il Tribunale riprende la distinzione tra norme di validità e norme di condotta, ricordando come solo la violazione delle prime possa comportare nullità: le norme di condotta, infatti, non attengono al profilo oggettivo del contratto, prescrivendo, invece, regole di comportamento dei contraenti. La violazione di quest’ultime, dunque, non va ad incidere sulla validità del contratto, obbligando solamente il trasgressore al risarcimento dei danni nei confronti del danneggiato.
Dopo tale premessa, i giudici procedono a qualificare l’art. 5 T.U.B. (afferente alla valutazione del merito creditizio) quale regola di condotta, portando a sostegno diverse motivazioni:
(a) in primo luogo, non potrebbe configurarsi una nullità testuale, stante la mancata sussistenza di una norma che sanzioni espressamente con la nullità le conseguenze dell’errata valutazione del merito creditizio;
(b) in secondo luogo, non sarebbe nemmeno possibile la configurazione di una nullità virtuale per violazione delle norme imperative poste a tutela dell’ordine pubblico economico, non essendo sufficiente a tal fine il fatto che le norme in materia di verifica del merito creditizio siano poste a tutela di interessi generali ed inderogabili.
Invero, infatti, le norme nazionali e sovranazionali che prevedono tali obblighi di verifica definiscono le attività che uno dei due contraenti è chiamato a svolgere, senza, tuttavia, incidere sugli elementi strutturali del contratto di mutuo. Quest’ultimo, infatti, anche nell’ipotesi in cui tali verifiche non fossero eseguite, rimarrebbe validamente perfezionato e, dunque, idoneo a produrre i propri effetti tipici e ad assolvere la propria funzione economico-sociale.
Il Tribunale di Padova, oltre a richiamare la recente pronuncia della corte di Cassazione n. 26.248/2024 afferma, infine, che la violazione delle regole sulla valutazione del merito creditizio non può dunque comportare la nullità dei contratti di mutuo, costituendo, al più, presupposto per la condanna della banca al risarcimento del danno “secondo il diritto comune di cui agli artt. 1218/2043 c.c.” (Cass. n. 18.610/2021).