Una gigafactory diviso due. Con parte della potenza di calcolo al Nord, in Lombardia, e una al Sud, in Puglia. È con questo progetto “distribuito”, a cui sta lavorando un consorzio di aziende guidato da Leonardo ed Eni, che il governo italiano vuole candidarsi a ospitare una delle cinque gigafactory europee per l’Intelligenza artificiale, super centri di computazione per addestrare e far ragionare gli algoritmi intelligenti. La gara comunitaria partirà fra qualche
settimana e sarà una delle più ricche (20 miliardi) e strategiche della storia recente. Anche una delle più agguerrite, con grandi e piccoli Paesi a sgomitare, alcuni con dossier più maturi di quello italiano.
Le gigafactory per l’IA sono una delle iniziative bandiera di Ursula von der Leyen, pilastro della strategia per provare a tenere il passo di Stati Uniti e Cina nella tecnologia che cambierà tutto. Un salto di scala rispetto al precedente programma europeo sui supercomputer, l’EuroHPC, perché le nuove strutture ospiteranno 100 mila processori, dalle quattro alle mille volte di più, e avranno un costo di realizzazione tra i 3 e i 5 miliardi di euro. Al massimo il 35%
sarà coperto da fondi pubblici, europei o nazionali, mentre il resto sarà a carico dei privati.
Il ministro delle Imprese Adolfo Urso si è detto ottimista sulla possibilità dell’Italia di ottenere una delle quattro, massimo cinque strutture previste. Il nostro Paese del resto ospita già tre dei supercalcolatori più potenti al mondo: quello “pubblico” del Cineca di Bologna, parte dell’EuroHPC e cofinanziato con fondi comunitari, e i due “privati” di Eni a Pavia (HPC6) e di Leonardo a Genova (davinci). Quando a giugno Bruxelles ha sollecitato le prime manifestazioni di interesse dall’Italia ne sono arrivate tre. E il capoluogo ligure è stato il primo a farsi avanti in pubblico, mettendo sul piatto oltre all’impegno di Leonardo e dell’Istituto italiano di tecnologia anche le connessioni dati con il Mediterraneo garantite dai cavi che approdano sulla sua costa.
Travolta da 77 manifestazioni di interesse, la Commissione ha chiesto però ai Paesi di aggregare i vari progetti nazionali. Input a cui il nostro governo ha aggiunto quello di una distribuzione territoriale. È così che nelle ultime settimane ha preso corpo l’ipotesi che vedrebbe Leonardo ed Eni dividersi l’onere di investimento. La prima lo indirizzerebbe a Pavia, dove già puntava ad espandere il suo polo del supercalcolo ad energia pulita, in quella cintura milanese che concentra gran parte dei data center italiani. La seconda a Grottaglie, provincia di Taranto, sede di uno dei suoi siti produttivi e area bisognosa di riconversione. Del consorzio farebbero parte anche Fastweb e Sparkle, e sul versante scientifico (ma, parrebbe, senza ospitare nuovi chip) il Cineca di Bologna.
Leonardo ed Eni confermano di essere della partita ma non rispondono a domande specifiche.
Stiamo «analizzando forme di collaborazione con altri soggetti», dice la seconda. A poche settimane dall’inizio della gara, previsto tra dicembre e gennaio, il dossier è insomma ancora aperto. «Senza una regia forte del governo l’Italia rischia di rimanere esclusa», dice il senatore del Pd Lorenzo Basso, vicepresidente della commissione Trasporti e innovazione. «Serve valorizzare i nostri punti di forza a partire dall’ecosistema di Genova e dei poli di Bologna e
Milano. Non si tratta finanziare singoli territori, ma di portare in Italia una delle gigafactory».
Al ministero delle Imprese la convinzione è che il progetto italiano sia solido dal punto di vista tecnologico, a prescindere dalla collocazione dei data center. E che i tempi per limare i dettagli ci siano, una volta che la Commissione avrà definito le specifiche tecniche. L’Europa però ha fretta, vuole gigafactory pronte ed accese entro il 2028. E altri Paesi hanno già messo in vetrina i loro progetti, per lo più centrati attorno a un unico grande hub. La Finlandia vuole
espandere il supercomputer Lumi, schierando il campione hi-tech Nokia. I Baltici si sono alleati per un progetto con cuore pensante in Polonia. La Spagna, nostro concorrente nel quadrante mediterraneo e ricca di energia verde a basso costo, ha unito le telco e individuato un sito vicino a Barcellona, assicurandosi la preziosa partnership di Nvidia, da cui tutti dovranno passare per i chip. Francia e la Germania non hanno per ora presentato un dossier “nazionale” ma lo faranno. I governi di Austria e Cechia rivendicano un posto al sole dell’IA.
Quando Bruxelles sceglierà i magnifici cinque, tanti resteranno a bocca asciutta.


 
                        