Il velo è tolto dopo mesi di ardue discussioni su uno degli eventi che segneranno lo sviluppo dell’industria spaziale europea. L’Operazione Bromo è ora firmata e definita nei dettagli fra i tre gruppi protagonisti dell’ambizioso progetto che fonde le attività spaziali di Leonardo, Airbus e Thales. Dalla Joint Venture emerge una società che sarà operativa nel 2027 con una ripartizione delle azioni possedute da Airbus per il 35% e per il 32,5% da Leonardo e Thales rispettivamente. Gli asset dei tre gruppi impegnati nello spazio saranno integrati con una sede di governo a Tolosa. «Rimangono fuori tutti i progetti legati ai lanciatori, come Ariane» precisa Massimo Comparini a capo della Divisione Spazio di Leonardo.
Per il resto, dai satelliti commerciali e scientifici al volo umano, all’esplorazione interplanetaria tutto entrerà a far parte della nuova società che avrà un nuovo nome ancora da scegliere. Sommando gli attuali valori la società avrà 25 mila addetti e un fatturato di 6,5 miliardi di euro «puntando ad uno sviluppo di 10 miliardi di euro» nota Comparini. Dalle sinergie fra i tre attori, al quinto anno di operatività si potrà registrare, secondo le stime, un risultato operativo tra 400 e 600 milioni di euro. A questo punto l’Europa si presenta sul mercato internazionale con due grandi realtà industriali: la nascente società e il Gruppo tedesco OHB con sede anche in Italia. Il passo compiuto è nato soprattutto dalla necessità di fronteggiare, in particolare, i gruppi americani, con Space X di Elon Musk e Blue Origin di Jeff Bezos in primo piano, capaci di dispiegare imponenti costellazioni come Starlink e Kuiper per la banda larga. E non solo.
La divisione spazio italiana del gruppo Leonardo guidato da Roberto Cingolani (che ha parlato di «passo fondamentale») porta in dotazione la propria attività di robotica e sensoristica di Nerviano a Milano e Campi Bisenzio a Firenze, assieme agli impianti delle società partecipate Thales Alenia Space (33%) di Torino e Roma dove è appena stata inaugurata una fabbrica robotizzata per arrivare a produrre cento satelliti all’anno, più Telespazio (67%).
«La nuova società — sottolinea Comparini — include la produzione e i servizi per costruire una competitività globale più efficace, disponendo nel contempo di una capacità di sviluppo tecnologico determinante nella concorrenza». Per quanto riguarda gli addetti, mentre in Francia sono già avvenuti pesanti ridimensionamenti in Thales Alenia Space, «in Italia non ci saranno tagli» indica Comparini.
Ora la firma per Bromo (tra gli advisor Lazard e Deutsche Bank) dovrà passare al vaglio degli organismi europei e dell’Antitrust, ma i cinque Paesi coinvolti non possono perdere l’occasione di un riassetto indispensabile per avere un futuro sulla nuova frontiera della Space Economy, in Europa ancora agli albori mentre negli Stati Uniti corre con tempi (e risultati) ben diversi. Il prossimo novembre si riuniranno a Brema in Germania i ministri dei 22 governi sovrintendenti l’Agenzia Spaziale Europea per decidere i nuovi programmi. Si spera trovino il coraggio finora mancato per sostenere con scelte politiche adeguate l’evoluzione di un confronto commerciale ormai planetario.