01.02.2024

Sei aziende su 10 usano già l’intelligenza artificiale

  • Il Sole 24 Ore

Vi sono più chiavi di lettura per mettere a fuoco l’andamento del mercato dell’intelligenza artificiale in Italia. Innanzitutto i numeri che ne sentenziano la poderosa corsa: il giro d’affari, nel 2023, ha raggiunto 760 milioni di euro e la crescita rispetto all’anno precedente è del 52 per cento. Il 90% di questo valore deriva dalle grandi imprese (telcos, media e assicurazioni i settori più sensibili), mentre la quota restante è divisa in modo equilibrato tra piccole e medie imprese e Pubblica Amministrazione.

Le organizzazioni che si possono definire “avanguardiste” in tema di Ai sono solo l’11% del totale e solo il 60% delle grandi imprese ha già avviato almeno un progetto dedicato; solo due Pmi su dieci, inoltre, sono già attive concretamente sull’Ai e resta numerosa la platea di aziende che non dispongono di un’infrastruttura It adeguata alla gestione di grandi quantità di dati. Il fenomeno Gen AI è ancora da decifrare fra la popolarità di ChatGPT (un italiano su quattro vi ha già interagito almeno una volta) e la piccola porzione (il 5%, circa 38 milioni di euro) di spesa che le soluzioni basate sui modelli Llm sono riuscite a intercettare. Non va dimenticato l’impatto degli strumenti di automazione di nuova generazione sul mondo del lavoro (entro dieci anni potrebbero essere 3,8 milioni le posizioni equivalenti sostituite dalle macchine, a fronte di un possibile gap di 5,6 milioni di posti che deriverà dall’invecchiamento della popolazione attiva), un impatto che suscita preoccupazione in quasi otto italiani su dieci mentre solo un quinto si dice fermamente contrario all’ingresso dell’Ai nelle attività professionali.

La fotografia dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi a Milano, delinea dinamiche abbastanza chiare (e contrastanti) in uno scenario che – su scala europea almeno – rifletterà gioco forza le linee guida definite dall’AI Act, ormai non lontano dalla definitiva approvazione.

La domanda che ha ispirato il lavoro degli esperti del Politecnico intendeva verificare la capacità dell’ecosistema nazionale di raggiungere gli obiettivi fissati nel Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale 2022-2024. Le risultanze ci dicono che sono stati compiuti considerevoli avanzamenti nelle iniziative di formazione di ricercatori specializzati ma anche che permane una certa criticità nell’attrarre talenti dall’estero e nel trattenere le risorse migliori, per la mancanza di opportunità di carriera. Se l’accelerazione nell’impiego delle tecnologie dell’Ai per dare vita a nuovi prodotti e servizi è reale, il contribuito fornito dalle start up innovative si limita però a poche eccellenze, che non bastano a definire quello italiano un tessuto imprenditoriale all’avanguardia in materia di Ai. La crescita record degli investimenti degli ultimi 12i mesi deve quindi rappresentare uno stimolo per allargare la platea di soggetti impegnati nel mettere a scala questa tecnologia, considerando che nel 2023 la fetta principale della spesa in Ai ha riguardato soluzioni per l’analisi e l’interpretazione del testo scritto (ai fini della ricerca semantica) e per la classificazione dei documenti e agenti conversazionali tradizionali. L’ulteriore crescita del mercato dipenderà dall’adozione più sostenuta degli strumenti di Generative AI? È una possibilità. Due grandi imprese su tre ne hanno già discusso internamente l’implementazione e, tra queste, una su quattro (il 17% del totale) ha già avviato una sperimentazione in merito. Attenzione però, perché l’avvento di ChatGPT e simili potrebbe non essere la via maestra per ridurre il gap di adozione dell’Ai nelle aziende. Chi è indietro nell’uso della tecnologia “di base” non riesce, nel 77% dei casi, a trarre beneficio delle opportunità legate all’impiego dei tool basati sui modelli di linguaggio di grande formato. Secondo Nicola Gatti, uno dei direttori dell’Osservatorio, va accesa la luce su alcune priorità che condizionano la diffusione dell’Ai, a cominciare dal garantire che i risultati elaborati dagli algoritmi siano corretti e che le decisioni prese grazie a questi strumenti siano spiegabili alle persone. Affinché la società possa trarre valore dallo sviluppo dell’Ai, come sostiene Giovanni Miragliotta, un altro dei responsabili dell’Osservatorio, sarà altrettanto importante prestare attenzione alle nuove esigenze dei lavoratori, alla formazione e a un’equa redistribuzione dei benefici. Obiettivi non semplici da raggiungere ma necessari per evitare la fase di disillusione che, di norma, segna l’avvento di tecnologie disruptive.