27.10.2025

Intesa ha puntato 50 miliardi in Usa

  • La Repubblica

Nell’America della “golden age” di Donald Trump, e della guerra commerciale al mondo, i dazi sanno creando tensione ma l’Italia non deraglia, anzi. Le aziende non sono scappate. E Intesa Sanpaolo ha deciso di puntare ancora di più sul mercato americano e di farlo per sé e per i propri clienti, più di seicento aziende che in Usa hanno lasciato il segno.
In un hotel di Georgetown, a Washington, i vertici della banca hanno presentato numeri e progetti ai media italiani presenti all’assemblea annuale di Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale. Mauro Micillo, a capo della divisione Imi Corporate & Investment Banking, ha mostrato ottimismo, sentimento alimentato non solo dal calo dei tassi e da un riassestamento della curva dei rendimenti, ma dalla risposta che le aziende italiane hanno dato alla sfida dei dazi trumpiani. «Siamo presenti da poco più di cento anni in Usa – ha spiegato – le radici sono profonde, è un po’ la nostra seconda casa, lo è ancora di più davanti agli sconvolgimenti degli ultimi anni. Siamo convinti di crescere», ha aggiunto. Negli ultimi tre anni la divisione guidata da Micillo ha sostenuto operazioni per quasi 50 miliardi di dollari,
confermando la capacità del Gruppo Intesa Sanpaolo, il cui ceo è Carlo Messina, di essere un partner strategico di lungo periodo con le imprese globali. La banca è attiva in settori cruciali come quello delle infrastrutture di trasporto ed energetiche, energie rinnovabili e digitalizzazione, inclusi i data center in Usa ma anche in Europa, Asia e Medio Oriente. Nei primi otto mesi del 2025 il gruppo è stato coinvolto in operazioni di project finance per oltre 30 miliardi di euro, il 15% del volume globale di 200 miliardi. Questa porzione di mercato colloca Intesa tra le prime dieci banche al mondo, e in settima-ottava posizione in questo settore.


Tra il 2018 e il 2024 la crescita media annua dei volumi di project finance in Usa è stata del 20% rispetto al 34% di Imi Cib. «Le tensioni commerciali non hanno intaccato le nostre convinzioni ha ribadito Micillo – l’impatto delle politice tariffarie è risultato contenuto e gestibile per l’Eurozona e l’Italia. Siamo e restiamo ottimisti». Una parte importante della crescita è legata alla clientela business non italiana, che ha raggiunto in media il 50% del totale. Questo trend
ha un impatto positivo sul made in Italy. Molte aziende italiane non solo non hanno lasciato l’America ma vogliono rafforzarsi in questo mercato, consapevoli che gli americani sono pronti a pagare di più un prodotto di qualità. Intanto il gruppo bancario italiano ha partecipato a un finanziamento da 3,4 miliardi per la realizzazione di un data center a Reno, nel Nevada. Imi Securities è stata una delle cinque banche attive nell’emissione di green bond ibridi da parte di Cemex per 1 miliardo di dollari, i primi mai realizzati dalla società. Inoltre, Intesa ha sottoscritto una linea di credito agevolato da 8,8 miliardi per la realizzazione di SunZia, la più grande infrastruttura di energia rinnovabile degli Stati Uniti, destintata alla produzione di energia eolica e al trasporto di elettricità pulita dal New Mexico verso Arizona e
California. Quanto ai dazi, il chief economist Gregorio De Felice, presente all’incontro di Washington, non ha dubbi: resteranno «alti e persistenti» fino al termine del mandato dell’amministrazione Trump, nel gennaio 2029, ma la crescita delle aziende italiane nel mercato americano, il primo al mondo per capitali, «non deraglierà».