La trasformazione digitale delle amministrazioni fiscali di tutto il mondo ha compiuto in un decennio un’accelerazione che l’Ocse definisce senza precedenti. Nel 2016 (quando si è iniziato a registrare i dati sull’uso dell’IA) appena il 9% delle amministrazioni fiscali utilizzava strumenti di intelligenza artificiale. Nel 2023 la quota ha raggiunto il 69%, mentre un ulteriore 24% sta implementando l’IA per applicazioni future. Il dato emerge dall’ultima edizione del report Tax administration 2025 dell’Ocse, costruito su dieci anni di dati raccolti dalla piattaforma Isora (International survey on revenue administration) e relativa a 58 amministrazioni fiscali nazionali.
L’esplosione dell’uso dell’IA è figlia diretta dell’aumento dei dati detenuti dalle amministrazioni. Grazie alla diffusione generalizzata dell’e-filing (ossia la presentazione telematica), alla digitalizzazione delle dichiarazioni e alla progressiva automazione delle fatture (dove adottata), le autorità fiscali dispongono oggi di volumi informativi che non erano gestibili con i sistemi tradizionali. L’Ocse segnala che circa il 25% di tutti gli esempi di innovazione riportati dalle amministrazioni per il report riguarda applicazioni dell’IA. Il ventaglio è ampio: motori predittivi per intercettare i rischi, strumenti di supporto per selezionare i casi da verificare, assistenti digitali per velocizzare le risposte ai contribuenti, algoritmi per automatizzare attività ripetitive. L’effetto combinato è una maggiore capacità di selezionare il lavoro, di individuare errori prima che diventino omissioni e di riallocare personale su attività complesse.
Il decennio analizzato mostra una trasformazione nella modalità di accertamento. Pur rimanendo sostanzialmente invariata la quota di verifiche che si conclude con un “aggiustamento”, gli importi recuperati dagli accertamenti sono in calo per tutte le principali imposte (Iva; Pit, Personal income tax; Cit, Corporate income tax, ossia due imposte dirette sul reddito usate in sistemi fiscali internazionali). Per l’Ocse questo non indica un indebolimento dell’attività repressiva, bensì una possibile evoluzione del comportamento dei contribuenti. Più dati, servizi digitali più avanzati, dichiarazioni precompilate e iniziative di educazione fiscale potrebbero aver ridotto l’ampiezza degli errori e la portata delle violazioni intercettabili. L’azione preventiva, quindi, resa possibile anche dall’IA, produce un effetto di deterrenza e aumenta la compliance spontanea.
Il rapporto documenta un cambiamento strutturale nella modalità di contatto tra cittadini e amministrazioni. Dal 2014 i contatti in presenza si sono più che dimezzati (-56%), mentre quelli online sono esplosi: triplicati dal 2018, hanno superato i 3 miliardi nel 2023. Allo stesso tempo la dichiarazione telematica è diventata la regola, con percentuali che nel 2023 sfiorano il 90% per l’Irpef, il 96% per le società e il 99% per l’Iva. L’Ocse osserva tuttavia che questi progressi non si traducono automaticamente in una maggiore puntualità: i tassi di presentazione nei termini rimangono pressoché stabili dal 2014. La digitalizzazione, da sola, non basta; la fase successiva sarà l’integrazione intelligente dei canali, grazie all’IA, per semplificare ulteriormente gli adempimenti e ridurre gli errori alla fonte.
Il gettito raccolto dalle amministrazioni continua a crescere e rappresenta in media il 63% del totale delle entrate governative nei Paesi osservati, circa 8 punti in più rispetto al 2014. Anche gli arretrati aumentano in valore assoluto (2.700 miliardi di euro nel 2023, contro 1.500 miliardi nel 2014) ma il loro peso relativo diminuisce: il rapporto arretrati/gettito cala di circa 10 punti percentuali. Per l’Ocse, questo indica un miglioramento nella gestione dei debiti fiscali: sistemi di recupero più efficienti, classificazioni più precise dei contribuenti a rischio e processi automatizzati che riducono tempi e costi di intervento.
Il quadro occupazionale delle amministrazioni fiscali è in trasformazione. Il 60% dei Paesi ha visto diminuire gli organici, mentre la popolazione servita per dipendente è aumentata del 15%. La struttura demografica interna evidenzia un duplice movimento: cresce (+7,4 punti) la quota di personale con meno di cinque anni di servizio, mentre il 28% ha più di 55 anni ed è prossimo al pensionamento. Questo significa che le amministrazioni rischiano di perdere nei prossimi anni una porzione significativa dell’esperienza accumulata. L’Ocse sottolinea però che l’evoluzione tecnologica offre anche un’opportunità: rinnovare la forza lavoro con profili digitali e specialisti della gestione dei dati.