F2i chiude il riassetto di Sorgenia, creando un maxi polo dell’energia da oltre 6 GW di capacità installata, e si prepara ad altri due dossier caldi del settore, entrambi italo-francesi: il break up di Tirreno Power, la ex genco Enel di cui la stessa Sorgenia condivide il controllo con Engie, e in prospettiva Edison, dove il quadro è più fluido in attesa delle decisioni di Edf.
Oggi, salvo imprevisti dell’ultima ora, verranno apposte le firme sui contratti che sanciranno l’ingresso del fondo d’investimento americano Sixth Street (assistito da Rothschild e Cleary Gottlieb) con il 38% in Sorgenia. Quest’ultima è lontana parente dell’azienda salvata dalle banche nel 2015, poi rilanciata dall’allora Ceo Gianfilippo Mancini, e infine consolidata come operatore di rilievo nazionale da F2i, affiancato da Asterion (oggi in uscita). Il gruppo energetico, in recupero nel 2025 dopo un 2024 in perdita, nell’ambito del riassetto rileverà infatti Ef Solare, Renovalia e Renovalia Tramontana, tutte controllate dal fondo guidato da Renato Ravanelli e specializzate su eolico e solare in Italia e Spagna. Asset che si affiancheranno alle rinnovabili, ai quattro impianti gas e al milione di clienti digitali di Sorgenia per formare un gruppo da oltre 6 GW complessivi, una pipeline green da 5 GW e valorizzato oltre 4 miliardi nell’operazione con Sixth Street. L’esito finale è che Sorgenia diventa un gruppo integrato in cui l’intermittenza delle rinnovabili è compensata dai cicli combinati: le sfide sul mercato energetico italiano non mancano, ma le potenzialità per crescere ci sono. Dal canto suo F2i, assistita da Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Lazard, definita di recente anche la cessione di Kos a Cir, chiude definitivamente il secondo fondo, dopo che il primo era stato “rollato” sul terzo.
Il possibile break up di Tirreno Power
Il closing su Sorgenia potrebbe sbloccare un altro riassetto, quello di Tirreno Power, in stallo da mesi in attesa che si risolvesse la partita al piano superiore. La ex genco Enel ha vissuto un percorso simile a Sorgenia: messa in sicurezza nel 2015 con la spada di Damocle del processo legato alla centrale a carbone di Vado Ligure (poi chiusosi con un’assoluzione, anche se la Procura è ricorsa in appello), è stata risanata e ha azzerato i debiti. Vale attorno a 400 milioni, ma la metà circa dovrà soddisfare gli Sfr (strumenti finanziari partecipativi) sottoscritti a suo tempo dalle banche per il salvataggio e oggi per la maggior parte in mano a Barclays e Polus Capital. Questo è il primo nodo del riassetto, su cui fino ad oggi non si è riusciti a trovare un’intesa. Poi c’è il tema della spartizione degli asset di Tirreno Power tra i due soci paritetici, Sorgenia ed Engie Italia. Lo schema di base destinava i due termoelettrici meno nobili (Napoli e Torrevaldiga) a Sorgenia, che tuttavia avrebbe potuto metterli a sistema con la centrale di Aprilia (Latina) e il ciclo combinato di Vado, più connesso al Nord ai francesi, con il destino dell’idroelettrico (poco meno di 80 MW) da definire, magari in funzione di un conguaglio cash. Anche in questo caso, però, nonostante recenti negoziati, si fatica a trovare un accordo.
Il dossier Edison: la grande partita
Un altro fronte caldo per F2i potrebbe essere Edison, dove Edf studia l’apertura del capitale. La partita entrerà nel vivo a inizio 2026 ma è noto che Foro Buonaparte sia un pallino di vecchia data per Ravanelli, che ne è stato anche presidente. Il quadro al momento è fluido: molto dipenderà dalle decisioni dei francesi.
F2i di base preferisce operazioni di maggioranza, ma mettere un piede in Edison potrebbe essere una mossa funzionale anche alla futura valorizzazione di Sorgenia. Certo, per muoversi su questo dossier servono risorse importanti e il fondo farà partire a gennaio la nuova raccolta da 1,5 miliardi. Secondo alcuni osservatori, l’idea di F2i potrebbe essere quella di realizzare una cordata con altri soggetti, anche stranieri, come già fatto sulla rete Telecom. Un’ipotesi tutta da verificare. Di certo, per il Governo italiano la presenza del fondo infrastrutturale sarebbe un elemento di garanzia in particolare per due asset chiave custoditi da Edison nell’ottica della sovranità energetica nazionale: l’idroelettrico e il portafoglio ampiamente diversificato di contratti gas. A maggior ragione se Parigi decidesse a sorpresa di cedere il controllo, ipotesi di certo più stuzzicante per F2i.