È diventato anche fisico, fatto di ferro, fuoco, massa, lo scontro tra i lavoratori dell’ex Ilva e il governo. A Genova, ieri, lo sciopero generale delle fabbriche della città contro il piano di ridimensionamento del sito di Cornigliano è finito nel fumo dei lacrimogeni della polizia, che hanno respinto così il corteo di 5mila metalmeccanici dalla “zona rossa” allestita intorno alla Prefettura, spingendolo a occupare la stazione ferroviaria di Brignole. Una giornata ad alta tensione, finita con un operaio ferito e una lunga polemica politica incrociata, a cui oggi seguirà un nuovo incontro a Roma tra il ministero e le istituzioni locali. È la sindaca Silvia Salis a chiedere che «la vertenza passi a tavolo superiore», quello della premier Giorgia Meloni. Il governatore ligure Marco Bucci al lavoro su un «piano B» per il salvataggio della fabbrica.
In tanta muscolarità di mobilitazione, del resto, ieri più della vertenza in sé il caso politico di giornata è stata la gestione dell’ordine pubblico. «Gli operai manifestano e il governo che fa? Si sottrae al confronto e li criminalizza con lacrimogeni e zone rosse», accusa dal Pd l’ex ministro Andrea Orlando. In Fiom si parla di «deriva reazionaria del governo». «Invece di sostegno prendiamo schiaffi», protesta in Fim il segretario ligure Christian Venzano, dal presidio dove da quattro giorni e quattro notti i lavoratori dello stabilimento genovese dormono in tenda.
Un carico di ulteriore tensione che si scontra però con l’apparente stallo nel dialogo con il ministero.
Se il segretario della Cgil Maurizio Landini chiede un tavolo a Palazzo Chigi «che fermi il piano di chiusura degli impianti e metta le risorse per dare continuità», fino ad oggi il ministro Adolfo Urso pare voler solo tirare dritto sul cosiddetto “ciclo corto” nel mirino dei sindacati, che prevede di vendere direttamente sul mercato i coils di acciaio prodotti a Taranto, con
inevitabili ricadute sugli impianti del nord. Alla Camera ha motivato lo stop parziale degli impianti con «esigenze di manutenzione», rassicurato sui livelli occupazionali («A Genova nessuno andrà in cassa integrazione: 585 unità a lavorare e 70 in formazione») e aperto alla possibilità di un’acquisizione di una cordata pubblico-privata ancora tutta da trovare. Ma mancano le risposte sul futuro più prossimo, ad esempio sulle 45mila tonnellate di acciaio che
servirebbero per non fermare le zincature a Genova.
Ecco perché difficilmente dall’incontro di questa mattina al ministero arriveranno novità sostanziali. Tra i binari di Brignole, ieri, Bucci si è detto pronto a portare nell’ufficio di Urso anche «un piano per far arrivare a Genova coils da lavorare non solo da Taranto, ma pure da altre acciaierie». Un piano B, insomma, per garantire il fabbisogno della fabbrica a prescindere dal destino di Taranto, «su cui non sono sicuro tornerò vincitore», è l’ammissione. «Vogliamo solo lavorare», è il grido delle tute blu, in sciopero ancora oggi. Se da Roma non arriveranno buone notizie, torneranno in piazza.
05.12.2025
Ex Ilva, lacrimogeni sugli operai Bucci: “Mandateci più acciaio”
- La Repubblica