Quando Renault conquistò, nel 1999, il produttore giapponese Nissan, pareva che tutto stesse accelerando. Nel tempo vi sono stati disaccordi, ma l’alleanza ora viene confermata: è dei giorni scorsi la ripresa dei colloqui fra le due case automobilistiche. I nuovi ceo Ivan Espinosa (Nissan) e François Provost (Renault) stanno cercando di rinegoziare l’intesa, per darle nuovo slancio. La partnership era stata rivista già nel 2023 con l’annuncio della riduzione della partecipazione di Renault in Nissan. Ora si apre una porta. Tornano i matrimoni nell’industria dell’auto? La mossa franco-nipponica può essere un segnale.
In passato, sembrava che i matrimoni tra le case automobilistiche si moltiplicassero. Poi la frenata. Cercarono di legarsi Ford e Volvo, Daewoo e General Motors. Senza contare l’acquisizione di Rover da parte di Bmw, avvenuta nel 1994 (il marchio Rover fallì poi nel 2005), e quelle di Seat (1986), Audi (1964) e Skoda (2000) da parte del gruppo Volkswagen. Ma la vera origine delle alleanze tra i costruttori iniziò quando Jurgen Schrempp, il capo di Daimler-Benz, nel 2005, stabilì con il ceo di Chrysler, Robert Eaton, la più grande fusione industriale di tutti i tempi. Per arrivare al 2021, quando Fiat e Psa diedero vita a Stellantis.Le ragioni
Dietro il ritorno alle grandi alleanze c’è la necessità del settore di investire di più in tecnologia. E, negli investimenti, l’unione fa la forza. Una ragione è infatti il cambiamento accelerato della mobilità verso l’elettrico: passaggio che richiede enormi investimenti nella creazione di piattaforme sempre più flessibili, per adattarsi a diversi tipi di veicoli (elettrici, ibridi, benzina o diesel). Anche lo sviluppo di software e la costruzione di stabilimenti richiedono risorse ingenti: altro motivo che favorisce le unioni. Si possono condividere le spese di ricerca e sviluppo legate alle nuove tecnologie, ottenendo economie di scala che rendono più sostenibile il passaggio al futuro dell’auto.
I costruttori tedeschi, in particolare, hanno siglato un’alleanza strategica per mettere in campo la costruzione di un insieme di software aperti, interoperabili e condivisi.
Di certo, ritengono gli osservatori, c’è che l’Europa deve cambiare marcia. L’auto non sarà più un insieme di centraline dedicate e statiche bensì una piattaforma digitale flessibile, costantemente aggiornata, in cui ogni funzione può essere migliorata o modificata anche dopo la produzione. Il software diventa così l’elemento centrale del valore del veicolo, aprendo un passaggio verso la personalizzazione e la gestione dinamica delle prestazioni.
Il gruppo Volkswagen ha siglato un’alleanza con Rivian ( casa americana specializzata in tecnologia), affrontando un investimento iniziale di cinque miliardi di dollari. Allo stesso tempo ha rafforzato la cooperazione con il produttore cinese di veicoli intelligenti Xpeng. Un segnale chiaro di come l’indipendenza nello sviluppo dei software non sia più difendibile.
La strada è quella non più delle piattaforme chiuse ma di quelle collaborative, certificate secondo lo standard imposto per la sicurezza funzionale. Il perimetro della collaborazione, poi, riguarda anche l’autenticazione e l’interfaccia tra i sistemi: l’ossatura tecnica su cui ogni industria può innestare i propri elementi distintivi. Lo scopo rimane quello di evitare incompatibilità tra veicoli, servizi digitali e aggiornamenti in un contesto di crescente complessità normativa e tecnologica.Le fasi
La transizione dal motore a combustione all’elettrico non è immediata. C’è una fase intermedia che aumenta i costi. Inoltre va affrontata la forte concorrenza dei costruttori cinesi che oggi controllano un terzo del mercato mondiale delle auto elettriche.
Malgrado gli sforzi per ridurre le emissioni di Co2, la produzione di auto nel Vecchio continente rallenta e, oltre ai piani di chiusura di diversi stabilimenti con i licenziamenti conseguenti, coinvolge la componentistica, dove sono previsti altri tagli di organico. La crisi è accelerata anche dalla soppressione degli incentivi statali e dal calo della domanda. La Commissione europea si sta occupando del Clean Industrial Deal, la produzione pulita, per una transizione con soluzioni condivise da tutto il comparto. Il percorso è simile a quello già tracciato da Cina e Usa, pur nell’incertezza determinata dalle decisioni del governo Trump.
Le aziende di Pechino e quelle americane oggi si presentano come vere tech company. Hanno aumentato i servizi di digitalizzazione e innovazione per essere leader mondiali. La differenza, non marginale, consiste nell’ impegno preso dall’Ue che ha deciso lo stop per la vendita di auto a benzina e diesel a partire dal 2035. Ora la svolta del software. Mercedes-Benz aveva da anni imboccato la piena autonomia nel software attraverso un sistema operativo di proprietà che dovrebbe debuttare alla fine del decennio. Bmw ha partecipato a progetti multi piattaforma, mantenendo il presidio su moduli strategici come l’infotainment e l’autonomous driving. Forse per la prima volta il valore di un’auto non è solo nella meccanica o nel design ma è rappresentato dalla sua architettura digitale.