01.12.2025

Composizione negoziata, il flop dell’accordo sui debiti fiscali

  • Il Sole 24 Ore

A più di un anno dalla sua introduzione, l’accordo transattivo sui debiti tributari di cui al comma 2-bis nell’articolo 23 del Codice della crisi, che può essere concluso, relativamente a tutte le imposte, con le agenzie fiscali nel corso della composizione negoziata della crisi, stenta ancora a decollare.

Dal 29 settembre 2024 (data dalla quale tale accordo può essere proposto), sono stati chiusi solo tre accordi e le proposte presentate nell’ambito della composizione negoziata sono state 169, una modestissima percentuale dei percorsi avviati in quest’ultimo anno.

Le questioni controverse, ancorché agevolmente superabili, sono più d’una.

La veridicità dei dati aziendali

La norma prevede che la proposta deve essere corredata da una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali redatta dal revisore legale del soggetto proponente, se esistente, ovvero, in caso contrario, da un revisore legale a tal fine designato.

Spesso il revisore legale assimila tale relazione a quella che annualmente rilascia a corredo del bilancio d’esercizio, ma l’elaborato che deve redigere ha una diversa natura e altro non è che l’attestazione della veridicità dei dati aziendali che nell’accordo di ristrutturazione dei debiti e nel concordato preventivo è rilasciata dal professionista indipendente di cui all’articolo 2, lettera o), del Codice della crisi.

Rispetto a questo elaborato, infatti, la relazione richiesta nella composizione negoziata differisce solo perché ne è stata prevista la redazione da parte di un altro soggetto (il revisore). L’affidamento al revisore ha l’obiettivo di contenere gli oneri professionali sul presupposto che, se tale attività deve essere svolta dal professionista che già è incaricato del controllo contabile della società, il suo costo dovrebbe essere più contenuto di quello che verrebbe alternativamente sostenuto in caso di affidamento del medesimo incarico a un soggetto esterno.

La fattibilità del piano

Il citato comma 2-bis non richiede l’attestazione della fattibilità del piano, al contrario di quanto altre disposizioni prevedono con riguardo all’Adr, al concordato preventivo e al Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. Ciononostante, ai fini della valutazione della proposta di accordo le agenzie fiscali hanno bisogno, oltre che dell’attestazione della convenienza e della relazione sulla veridicità dei dati aziendali che sono espressamente previste, anche di un’attestazione della fattibilità del piano, poiché solo grazie a tale elaborato la convenienza della proposta può essere considerata concreta, e non solo ipotetica, e le probabilità del risanamento possono essere compiutamente valutate

Pertanto, pur non trattandosi di un obbligo, è interesse del debitore, presentare alle agenzie fiscali, oltre a un piano di risanamento vero e proprio e non solo un progetto di piano, anche la relativa attestazione di fattibilità.

La data di riferimento

Il comma 2-bis dell’articolo 23 non precisa a quale data di maturazione devono essere riferiti i debiti tributari oggetto dell’accordo, a differenza di quanto è espressamente stabilito dall’articolo 63 del Codice della crisi relativamente alla transazione proposta nell’Adr, ove è previsto che sono oggetto della transazione i debiti «sorti sino alla data di presentazione della proposta di transazione».

Non vi è tuttavia motivo per applicare un diverso criterio, sia perché è illogico escludere dalla ristrutturazione debiti già esistenti, analogamente a quanto accade per debiti diversi da quelli tributari, sia perché è naturale colmare le lacune del comma 2-bis, attingendo alle corrispondenti disposizioni stabilite dal più puntuale articolo 63 del Codice della crisi.