Trattato europeo. La presidente Lagarde ribadisce al ministero dell’Economia che la Banca d’Italia ha il pieno ed effettivo controllo delle riserve auree
La Banca d’Italia «detiene e gestisce» in assoluta «indipendenza», in via «esclusiva» le riserve auree iscritte nel suo stato patrimoniale, ne ha «il pieno ed effettivo controllo» per assolvere i compiti e per perseguire gli obiettivi del Sistema europeo di banche centrali (Sebc). Questo è quanto stabilisce il Trattato europeo che istituisce la Banca centrale europea e il Sebc, di cui la Banca d’Italia è membro, definendone compiti e funzioni. E questo è quanto la Bce ha ribadito ieri con un parere scritto in risposta alle richieste di parere ricevute dal ministero italiano dell’Economia e delle Finanze il 28 novembre e primo dicembre su una disposizione del disegno di legge di bilancio per l’anno finanziario 2026 relativa alla «proprietà delle riserve auree della Banca d’Italia». Come già accaduto nel 2019.
La presidente Christine Lagarde in una audizione presso l’audizione davanti alla Commissione Economia del Parlamento europeo ha ripetuto il parere in risposta alla domanda dell’eurodeputato del Movimento 5 Stelle Pasquale Tridico: «Il Trattato è molto chiaro: la detenzione e la gestione delle riserve spettano esclusivamente alle banche centrali nazionali, e la Banca d’Italia non fa eccezione».
Messi in chiaro i punti fermi e inviolabili sulla detenzione e gestione delle riserve auree da parte della Banca d’Italia, tanto il parere scritto quanto la presidente hanno anche sottolineato che il Trattato «non utilizza la nozione di proprietà» nello stabilire le competenze e il raggio di azione di Bce e Sebc in merito alle riserve auree. Questo vuoto, cioè il mancato riferimento alla proprietà nel Trattato, esiste ma ovviamente non può essere colmato con una disposizione di legge a livello nazionale che violi quanto stabilito dal Trattato.
Ne consegue che nel momento in cui il governo italiano decidesse di interpretare, con un disegno di legge, la detenzione e gestione delle riserve auree da parte della Banca d’Italia «nel senso che le riserve appartengono al Popolo italiano», la Bce indica una strada, che appare obbligata, nel parere inviato al Mef: la disposizione in finanziaria dovrà contenere un riferimento esplicito all’articolo 127, paragrafo 2, e all’articolo 130 del Trattato come anche all’articolo 31 dello statuto del Sebc. Così facendo, la legge a livello nazionale darebbe sì la proprietà delle riserve auree al popolo italiano, ma lo farebbe in senso figurato (senza trasferire le riserve auree nel bilancio dello Stato, per esempio, perché così facendo violerebbe il Trattato che vieta il finanziamento monetario). Al tempo stesso riaffermerebbe i paletti del Trattato: detenzione e gestione con controllo pieno della Banca d’Italia la quale continuerebbe a svolgere funzioni e compiti nel Sebc in totale indipendenza senza alcuna ingerenza da parte del governo. La definizione della proprietà, dunque, così fatta non cambierebbe in alcun modo lo status quo e rispetterebbe in pieno il Trattato.
La Bce, nel parere, mette bene in evidenza che la disposizione sulla quale ha espresso il parere «non è accompagnata da alcuna relazione illustrativa che ne illustri la ratio». La Bce domanda esplicitamente con quale scopo è stata proposta questa disposizione sulla proprietà: «non è chiaro alla Bce quale sia la concreta finalità della proposta». Se l’intenzione è quella, nella sostanza, di lasciare le cose come stanno pur puntualizzando che la proprietà è del popolo italiano, la disposizione si svuota di qualsiasi impatto concreto: per esempio il chiarimento sulla proprietà giuridica non darebbe al governo, né al popolo, il potere di poter disporre delle riserve auree. Se invece lo scopo della proprietà giuridica al popolo avesse l’obiettivo di trasferire anche il controllo delle riserve auree dalla Banca d’Italia al governo, questo violerebbe il Trattato. «In assenza di spiegazioni in merito alla finalità, la Bce invita le autorità italiane a riconsiderare la proposta»: ritirarla, riscriverla e riformularla con le indicazioni fornite dalla Bce e dalla Banca d’Italia. Quest’ultima, ammonisce la Bce, «deve essere consultata al fine di assicurare che i requisiti imposti dal Trattato e l’indipendenza della Banca d’Italia continuino ad essere pienamente rispettati». Una strada stretta.