07.11.2022

Art Law, regole certe e più tutele per le opere d’arte sul web

  • Italia Oggi

L’era digitale sta creando molte nuove opportunità per il mondo dell’arte: maggiore diffusione delle opere, possibilità per gli artisti di farsi conoscere in tutto il mondo attraverso il web, a cominciare dal Metaverso, e, soprattutto, di vendere le proprie creazioni senza il supporto dei canali tradizionali. Contestualmente però sono anche cresciuti i pericoli inerenti la tutela delle opere, e soprattutto sono nati nuovi aspetti di tutele dovuti soprattutto all’avvento dei Non-Fungible Token (Nft). «La tecnologia», dice Luigi Macioce, partner di Boies Schiller Flexner Italy, «sembra aver aperto nuovi orizzonti alla diffusione, protezione, classificazione e autenticazione delle opere d’arte. Questo è avvenuto su due «frontiere mobili». La prima quella delle opere d’arte «tradizionali» cioè legate alla produzione di oggetti tangibili (quadri, sculture ecc.) o immateriali (libri, sceneggiature ecc.) la cui fruizione è destinata al mondo reale. La seconda è quella che ha segnato l’esplosione dell’«arte digitale» a partire dal fenomeno dei cryptopunks del 2017 venduti per decine (a volte centinaia) di milioni di dollari. La blockchain, gli smart contracts e gli Nft subito dopo aver sbaragliato il mondo con la novità delle cryptomonete hanno attratto l’attenzione degli operatori del mondo dell’arte, da sempre alla ricerca di maggiori certezze e garanzie per quanto attiene al trasferimento di proprietà delle opere e dei diritti a esse connessi».

Per Massimiliano Patrini, responsabile del dipartimento Ip e data protection di Gatti Pavesi Bianchi Ludovici, bisogna prestare attenzione a quattro aspetti: «modalità di pubblicazione o semplice esposizione degli Nft; analisi di termini e condizioni delle piattaforme di vendita degli Nft; rapporti contrattuali di licenza o cessione (con previsioni specifiche che regolino lo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale); modalità di gestione dei wallet a livello aziendale, anche nei rapporti con i dipendenti e/o collaboratori. Osserviamo i possibili sviluppi di natura contenziosi che, finora, non hanno avuto significativi riscontri nella giurisprudenza domestica; mentre iniziamo a leggere decisioni provenienti dall’estero (da ultimo Cina e Gran Bretagna), giurisdizioni nelle quali si è chiarita la natura giuridica degli Nft e la tutelabilità dei relativi diritti di proprietà intellettuale, anche attraverso lo strumento di procedimenti d’urgenza».

Lo sviluppo tecnologico porta con sé anche nuove sfide giuridiche. «Ne sono un esempio le opere commissionate a cripto-artisti e incluse all’interno di Nft oppure il cambiamento del concetto stesso di opera d’arte», spiega Elena Varese, partner del dipartimento Ip & Technology di Dla Piper, «può l’immagine rielaborata di una famosa borsetta essere considerata un’opera d’arte autonoma ed essere realizzata senza il consenso del titolare del marchio, sulla base del principio della libertà di espressione? Su questo tema si pronuncerà la Corte Federale di New York. Certo è che se il caso dovesse essere deciso in Italia, i limiti di esercizio del diritto di parodia sarebbero molto stringenti e occorrerebbe una utilizzazione in conformità con gli usi onesti del settore, senza finalità di lucro o agganciamento alla notorietà del marchio. Altro argomento interessante è chi può essere considerato autore di un’opera d’arte. Il tema ha assunto rilievo per le creazioni dell’intelligenza artificiale, ma torna d’attualità alla luce di un recente caso che coinvolge l’artista Maurizio Cattelan e lo scultore francese Daniel Druet, che ha realizzato su istruzione del primo una serie di statue e lo ha citato dinnanzi al Tribunale di Parigi per vedersene riconosciuto autore. Il caso potrebbe assumere un grande rilievo per gli artisti concettuali, che forniscono input creativi per la realizzazione di alcune opere, senza avere necessariamente le capacità tecniche per la loro realizzazione concreta. Ove il caso dovesse essere deciso in Italia, sarebbe certamente rilevante il livello di precisione delle istruzioni, nonché il controllo sull’output finale della parte che le impartisce».

Secondo Giulia Maienza, associate di Herbert Smith Freehills «le creazioni realizzate dall’AI sono sempre più numerose con risultati sempre più sofisticati. Nel panorama internazionale degne di nota sono “Compte de Bellomy”, un ritratto realizzato interamente utilizzando un sistema informatico che ha permesso di ottenere un’opera originale che tuttavia avesse le medesime caratteristiche pittoriche di dipinti simili e “Next Rembrandt, un’opera realizzata tramite un software che è stato istruito con migliaia di frammenti pittorici relativi a ritratti del noto artista in modo che il risultato non fosse una mera copia, ma un lavoro inedito che tuttavia potesse essere riconducibile a Rembrandt. Il pioniere Thaler, ha realizzato un’opera tramite un algoritmo che rielabora immagini autonomamente. Il Copyright Office US pochi mesi fa ha respinto la domanda di registrazione dell’opera come work-for hire sull’assunto che dovesse essere realizzata da un autore umano. È proprio questa la questione al centro di ogni discussione, ossia la necessità che l’autore sia una persona fisica e non un robot».

Per Daniele De Angelis, counsel del dipartimento IP di Bird & Bird, «una prima linea evolutiva vede l’opera d’arte entrare in settori storicamente atipici. È utilizzata nella comunicazione di impresa pubblicitaria e istituzionale; è al centro di strategie di brand identity attraverso progetti di valorizzazione delle collezioni o di attività di filantropia di impresa ad ampio raggio; è inoltre riprodotta nelle creazioni della moda. Una seconda linea interessa la fruizione dell’opera. La digitalizzazione dei percorsi museali e delle collezioni, la fruizione immersiva e virtuale consentono di raggiungere un pubblico sempre più vasto. E ciò anche a distanza, senza la convergenza fisica in un luogo determinato. La fruizione digitale rappresenta una via complementare di valorizzazione del patrimonio artistico. Un terzo profilo evolutivo vede l’opera d’arte digitalizzata e l’opera nativo digitale diventare beni economici chiamati a circolare nella blockchain e come Nft con uno specifico valore di mercato. Nel quadro evolutivo qui delineato non si può più parlare di opera d’arte dalla sola prospettiva del bene materiale. È infatti l’intangibile asset ad avere un ruolo cruciale. E qui i diritti di autore esistenti sull’opera e in alcuni casi sulla sua elaborazione digitale acquisiscono rilevanza dalla prospettiva non solo degli utilizzatori per i necessari consensi, ma anche degli investitori che possono trovare nella titolarità dei diritti di autore nuovi canali remunerativi».

Può un Nft in sé considerato, essere definito opera dell’ingegno tutelabile dalla legge sul diritto d’autore? Per Giulia Frasson dello studio legale Focus «se da un lato la definizione di opera dell’ingegno fornita dalla legge sul diritto d’autoreconsente di estendere la tutela anche a opere non tradizionalmente considerate tali, dall’altro pone quale imprescindibile conditio la creatività: l’opera tutelata deve essere creativa, frutto della personalità dell’autore e distinguibile dalle opere precedenti. Ma allora, la tela che rappresenta il quadro (o il codice che incorpora l’opera) può essere creativa al punto tale da assumere la dignità autonoma di opera dell’ingegno? Il quadro normativo vigente non permette una risposta certa, poiché non abbiamo (ancora) una norma specificamente dedicata all’argomento e, allo stesso tempo, non pare facile adattare ad essa la disciplina delle norme sui diritti di proprietà intellettuale, né pare un compito, obiettivamente ingrato, che si possa rimettere unicamente alla giurisprudenza, pur confidando sulla individuazione, da parte della stessa, di margini per l’utilizzo dei principi generali, da sempre ancora di salvezza dell’interprete davanti a nuove realtà emergenti».

Negli ultimi mesi c’è stata una vera e propria «corsa all’oro» con progetti decollati e atterrati rovinosamente nel giro di pochi giorni. «Al di là delle particolarità del singolo caso, tutti sono caratterizzati dallo stesso errore di fondo», sostiene Francesco Rampone, of counsel de La Scala Società tra avvocati, «ovvero quello di mettere su medesimo piano il supporto digitale (l’Nft ) con l’opera digitale (l’opera dell’ingegno veicolata dall’Nft). Tale confusione è oggi alla base di numerose vicende che – ora che il mercato degli Nft si sta raffreddando – stanno venendo a galla. Sebbene gli Nft e il metaverso aprano nuovi mercati per l’industria culturale e nuove opportunità di sfruttamento delle opere da parte degli artisti, essi presentano anche nuove sfide per la legge e per il giurista. Temi quali la circolazione delle opere in rete e l’incorporazione di esse negli Nft, non possono essere contrattualmente regolati – e quindi disciplinati in modo conforme a legge – senza una preparazione specialistica che alla competenza giuridica affianchi una chiara e profonda conoscenza della tecnologia sottostante».

Per Lucia Maggi, ceo di 42 LF The innovation Law firm «il primo problema è quello legato all’autentica dell’opera d’arte, ovvero verificare se la cripto opera sia riferibile a un’artista piuttosto che a un altro. Soggetti terzi si sono appropriati di opere d’arte digitali di altri artisti, le hanno «neffettizzate», trasferite su supporto e messe in vendita tramite marketplace. Non essendo possibile autenticare l’opera d’arte come si fa con le opere fisiche, mediante la disamina della qualità della pittura o la certificazione di una galleria. Nel caso degli Nft è necessario un intervento di un intermediario qualificato. C’è la possibilità di inserire profili certificati. È la procedura che fa il gruppo Meta per certificare i profili social dei talent. Il valore dell’opera d’arte è dato soprattutto dalla certezza che è stato realizzato da un determinato artista. Per quanto riguarda invece la copia digitale dell’opera fisica anche qui c’è il far west. A mio avviso si deve applicare la normativa già esistente «analogica» ed estenderla al digitale. Se l’opera è di pubblico dominio può essere riprodotta, altrimenti tutti i diritti connessi dell’opera spettano al titolare, quindi artisti, eredi, fondazioni, gallerie d’arte e musei».

Le opere d’arte in formato Nft sono parte del cosiddetto «patrimonio digitale» di un artista, che ne è anche originatore, oppure di un collezionista che le acquista. Un aspetto importante è quello relativo alla successione ereditaria. «Si tratta di beni smaterializzati, gestiti con meccanismi blockchain», spiega Nicola Canessa, partner di Cba e responsabile del dipartimento di Art Law, «che, per quanto possano presentare un’elevata sicurezza, come a esempio nel tracciamento delle vendite, sono esposti a determinati rischi, quali il furto dei dati d’accesso a un account privato, ovvero la creazione di un fake account al fine di vendere Nft attribuiti a qualche noto artista, ma in realtà prodotti da terze parti. A quest’ultimo fenomeno i soggetti più esposti sono proprio gli artisti deceduti, i cui lavori rischiano di andare perduti e che nessuno ne rivendichi la legittima proprietà. L’artista, ovvero il collezionista, può quindi avere interesse a pianificare la successione nel proprio patrimonio digitale, partendo proprio dall’accesso ai dati, al fine di agevolare l’entrata nel possesso del patrimonio ereditario. Sul punto, il Tribunale di Milano, in data 9 febbraio 2021, ha emesso un’ordinanza, la prima in materia di eredità digitale, sancendo la legittimità dell’accesso ai dati da parte di quei soggetti titolari di «ragioni familiari meritevoli di protezione» (in specie i genitori del defunto)».

Per Ilaria Carli,counsel di Legalitax «una recente decisione della Commercial Court della High Court inglese ha ritenuto che un Nft possa fondatamente ritenersi, nell’ordinamento inglese, oggetto di un diritto di proprietà. La corte inglese ha conseguentemente emesso un’ordinanza cautelare finalizzata al congelamento (freeze) di due Nft incorporanti opere digitali che erano stati asseritamente oggetto di trasferimento non autorizzato da parte di due soggetti non identificati, i cui wallet sono risultati depositati nella piattaforma OpenSea e ha altresì ordinato al marketplace di fornire le informazioni dei soggetti titolari dei due wallet in questione. Sebbene la decisione sia stata emessa nell’ambito di un procedimento cautelare e senza la presenza in giudizio delle controparti, essa costituisce una buona base di partenza per rispondere all’interrogativo circa la possibilità di tutelare in modo efficace le opere d’arte nel metaverso».

Il metaverso è un ambiente relazionale e con le relazioni c’è bisogno di diritto, di regolamentazione e di inquadramento dal punto di vista giuridico. «È ormai crescente l’esigenza di conoscere le regole per muoversi con tranquillità e legalità, all’interno di questo sistema virtuale», spiega Laura Argentieri, dello studio omonimo, «I primi contenziosi, hanno visto protagonisti i grandi brand per la violazione dei diritti di esclusiva dei propri marchi in un mondo totalmente smaterializzato e pressoché vergine dal punto di vista normativo. Caso pilota è quello instaurato dalla maison francese Hermès nei confronti di Mason Rothschild che ha elaborato dei cloni digitali dell’iconica Birkin: le «Metabirkin». Se nel mondo reale la violazione di un marchio si configura quando un soggetto utilizza un segno distintivo identico o simile ad altro già esistente, ad oggi, dal punto di vista giuridico, non è chiaro se e come i diritti di proprietà intellettuale registrati nel mondo reale possano essere convertiti in un mondo virtuale. Sarà essenziale un’implementazione della normativa già esistente con una nuova legislazione ad hoc, in grado di proteggere la presenza degli utenti e le loro idee nel nuovo mondo virtuale».

Secondo Cristiano Bacchini, partner di BMLex «ciò che caratterizza gli Nft sono i c.d. «hash» ossia le impronte digitali che identificano in modo univoco i file contenenti l’opera. Trattasi di un sistema al momento considerato sicuro, posto che il processo di «hashing» impedisce una ricostruzione ex post del file originario. I token poi vengono di fatto registrati su una blockchain (c.d. «minting») e la loro sopravvivenza è strettamente collegata all’esistenza della blockchain medesima. In altre parole, con la procedura di minting l’opera identificata con l’Nft diventa a tutti gli effetti un asset digitale. Tale procedura, però, se da un lato permette di identificare il file originario, dall’altro non favorisce l’identificazione univoca e incontrovertibile dell’autore dell’opera. Inoltre, la trasmissione dei diritti di utilizzazione economica dell’opera associata all’Nft non è presunta né automatica».

Per Edoardo Tamagnone, partner di Tamagnone Di Marco «in questo nuovo sistema gli operatori del diritto si devono però porre il problema della tutela dei diritti degli autori e dei proprietari. Tradizionalmente infatti la legge sul diritto d’autore riconosce due categorie di diritti: i diritti morali e i diritti di utilizzazione economica. In particolare la legge prevede l’istituzione di registri (in Italia custoditi presso la Siae) dove vengono annotati tutti i fatti che riguardano un’opera, compresi, appunto, i suoi autori e tutte le cessioni di diritti che nel tempo di sono succedute. Tuttavia gli attuali registri fisici sono inadeguati per tutelare la circolazione dei diritti d’autore di opere digitali in un ecosistema decentralizzato».

La questione relativa all’autenticità di un’opera è essenziale nel mercato dell’arte. «La Corte d’Appello di Milano (sentenza n. 7148/2021) ha ritenuto che, in assenza di altri elementi, i pareri di autenticità possono non essere dirimenti per dimostrare se un’opera sia contraffatta o no», sostiene Alessandra Grandoni, counsel di Pavia e Ansaldo, «Infatti, il parere di un esperto, o di una fondazione, indipendentemente da quanto autorevole sia, può sempre essere messo in discussione da altro esperto o consulente. Incertezze di questa natura minano la sicurezza degli scambi nel mercato dell’arte. Un punto di svolta si è avuto con l’ingresso della blokchain, applicata al mondo dell’arte digitale. Tale fenomeno è correlato al crescente utilizzo degli Nft . A differenza dei Bitcoin, che sono gettoni fungibili, gli Nft sono pezzi unici e non replicabili. In assenza di disciplina specifica, dubbi normativi frenano la corsa alla cosiddetta «tokenizzazione» delle opere d’arte. Ci si interroga, ad esempio, se gli Nft siano meri titoli rappresentativi di merci, ai sensi dell’articolo 1996 c.c., o se essi stessi costituiscano un bene».

Dopo un iter parlamentare che ha interessato più di una legislatura, il Parlamento ha approvato la legge n. 22/2022 che ha riformato le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale, precedentemente contenute nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, inserendole nel Codice Penale. «Con il provvedimento, il legislatore», spiega Andrea Puccio, fondatore di Puccio Penalisti Associati, «aderendo ai principi della convenzione europea di Nicosia ratificata dall’Italia il 12 gennaio 2022, ha inteso apprestare una speciale tutela, ridefinendo l’assetto della disciplina, nell’ottica di un tendenziale inasprimento del trattamento sanzionatorio. L’obiettivo perseguito è stato quello di tutelare, in modo più incisivo, conformemente al disposto dell’articolo 9 della Costituzione, il patrimonio culturale mediante la previsione di nuove fattispecie di reato e di indagini di polizia giudiziaria sotto copertura relativamente ai reati di riciclaggio ed autoriciclaggio. In tale ottica, al fine di responsabilizzare non solo le persone fisiche, ma anche le aziende, alcune delle fattispecie di reato ora introdotte nel codice penale sono entrate a far parte anche del catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa da reato degli enti».

Secondo Antonio Bana, partner dello Studio Bana «l’obiettivo è quello di operare una profonda riforma della materia, ridefinendo l’assetto della disciplina nell’ottica di un forte inasprimento del trattamento sanzionatorio. La proposta di legge si apre con l’introduzione nel codice penale di un nuovo Titolo Vlll-bis (artt. 518-bis ss.), rubricato «Dei delitti contro il patrimonio culturale», dove troviamo all’interno del codice penale – nuove fattispecie di reato, tra cui, solo per citarne alcune: Art. 518-bis – (Furto di beni culturali); Art. 518-ter – (Appropriazione indebita di beni culturali); Art. 518-quinquies – (Impiego di beni culturali provenienti da delitto); Art. 518-duodecies – (Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici); Art. 518-quaterdecies – (Contraffazione di opere d’arte). All’art. 3 della proposta di legge prevede l’aggiunta nel D.lgs. 231/2001 di due nuovi articoli: l’art. 25-septiesdecies, rubricato «Delitti contro il patrimonio culturale», e l’art. 25-duodevicies, «Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici».

Il disconoscimento di un’opera non può essere lasciato al libero arbitrio dell’artista; lo ha ribadito di recente la Corte d’Appello di Milano (sentenza del 14 ottobre 2021) confermando la decisione del Tribunale. «Con buona pace di Jeff Koons», afferma Gilberto Cavagna di Gualdana di BiPart Studio Legale, «che aveva negato l’autenticità di una propria opera sostenendo che la scultura in questione fosse un esemplare non autorizzato dell’artista, nonostante l’opera fosse stata realizzata secondo le sue indicazioni, firmata e approvata dallo stesso. Per i giudici, la legge sul diritto d’autore riconosce all’artista determinati diritti sulle opere immesse in circolazione, ma questi diritti non possono essere esercitati senza limiti e devono essere bilanciati con gli eventuali diritti di terzi. Il diritto di rivendicare la paternità dell’opera possono essere esercitati fintanto che l’opera non sia uscita dalla sua «sfera di controllo»; una volta che l’opera è circolata con il consenso dell’artista, il diritto al disconoscimento non può prescindere dall’esistenza di ragioni obiettive che salvaguardino i diritti acquisiti dai terzi e, più in generale, la certezza dei rapporti giuridici».

Attualmente ci sono diversi strumenti per la tutela delle opere d’arte, come trust o polizze assicurative. Per quanto riguarda gli Nft spiega Fabio Ciani, partner di Studio legale tributario internazionale «nel prossimo futuro ci attendiamo che verrà delineato il loro regime giuridico e il trattamento fiscale. Il fisco dovrà anche prendere una posizione sulla dichiarazione degli Nft, che rappresenta un certificato digitale inserito in una blockchain per permettere di dimostrare il proprio diritto (di utilizzo, di proprietà, ecc.) su un bene o in relazione a un servizio. Ora, neppure dovrebbero essere indicati nel quadro RW, ma non si può certo dire che un certificato digitale sia un bene o un investimento detenuto all’estero. Insomma, la digitalizzazione nell’economia richiederà una rivisitazione delle regole fiscali».