Con la recente sentenza n. 18498 emessa il 7 luglio 2025, la Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile è intervenuta allo scopo di stabilire se possa configurarsi un’ipotesi di evizione parziale laddove l’acquirente sostenga di non esser stato reso edotto dell’esistenza della servitù di metanodotto sul fondo.
La ricorrente, infatti, aveva citato in giudizio il venditore ed il notaio per non aver, a suo dire, dichiarato l’esistenza di una servitù di metanodotto su una proprietà immobiliare acquistata dall’attrice medesima, domanda rigettata in entrambi i gradi del giudizio di merito.
La Corte di Cassazione è stata dunque investita dell’onere di determinare il confine tra conoscenza o conoscibilità del diritto reale in commento ed evizione parziale del bene.
Evizione parziale e servitù apparente: il principio di autoresponsabilità
La Suprema Corte rileva che, assunto che nella vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi la responsabilità del venditore ai sensi dell’art. 1489 c.c. è esclusa nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, allo stesso modo non può configurarsi laddove si tratti di oneri e diritti apparenti “che risultino cioè da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, perché il compratore, avendo la possibilità di esaminare la cosa prima dell’acquisto, ove abbia ignorato ciò che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il criterio di autoresponsabilità”.
Ne discende che la configurabilità della garanzia invocata dalla ricorrente debba essere condizionata alla natura apparente della servitù e, segnatamente, alla “presenza di segni visibili di opere di natura permanente obiettivamente destinate al suo esercizio e che rivelino, in maniera inequivoca, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente ex art. 1061, secondo comma, c.c., elemento non surrogabile dal dato puramente soggettivo della conoscenza delle opere, né da segni esteriori che, pur lasciando supporre l’esistenza di opere, non siano idonee a rivelare la concreta situazione dei luoghi e lo stato di asservimento tra i due fondi”.
Paline, certificati e progetti: gli indizi che svelano la servitù
Nella fattispecie che ci occupa, la Corte di Cassazione ha ritenuto provata l’apparenza della servitù dalla presenza di una “palina” segnaletica, elemento non di per sé sufficiente in quanto non obiettivamente destinato a consentire l’esercizio della servitù non essendo una componente funzionale del gasdotto, unitamente ad una serie di elementi indiziari da cui desumere che l’acquirente fosse a conoscenza dell’esistenza del diritto prima dell’acquisto: “- la palina colorata alta ml. 1,80, in buone condizioni e con l’etichetta Omissis, che segnalava la presenza del metanodotto interrato, nota ai tecnici dell’appellante e, in specie, al progettista dell’intervento edilizio da eseguire, che ne era anche il legale rappresentante; – l’inclusione, in tutti i progetti presentati dal medesimo tecnico, dello stralcio del piano regolatore generale, in cui emergeva che tutta la corte ricadeva all’interno di una fascia di rispetto del metanodotto ben visibile; – il certificato di destinazione urbanistica allegato al rogito, richiesto e procurato dallo stesso tecnico dell’appellante, in cui si affermava espressamente che l’area ricadeva nella fascia di rispetto del metanodotto; – la presenza fisica, in prossimità della corte lato ovest, di un impianto Omissis in area recintata, composto da un fabbricato, tubazioni, raccordi e saracinesche; – la presenza non contestata di analoghe paline segnalanti il tracciato anche nei fondi vicini; – la dichiarazione di cui al preliminare e al definitivo sull’accettazione della vicinanza dei beni venduti al predetto impianto Omissis, qualificato come centrale di ispezione del metanodotto e/o per il pompaggio e lo smistamento del metano”.
Nessuna responsabilità per venditore e notaio se il vincolo era conoscibile
La Suprema Corte ha dunque concluso che la servitù di metanodotto non costituisse evizione parziale in quanto non ha mai privato l’acquirente del bene e, accertata l’apparenza della servitù, ha ritenuto che il vincolo fosse conosciuto o conoscibile dalla ricorrente, escludendo ogni profilo di responsabilità del venditore e del notaio.