01.10.2025 Icon

La Suprema Corte sul rapporto tra polizze vita e designazioni testamentarie

Con la recente Sentenza n. 25121/2025 la Suprema Corte torna ad affrontare il tema delle polizze vita, occupandosi del caso in cui un soggetto abbia stipulato una o più polizze a favore degli “eredi testamentari” e solo successivamente abbia redatto testamento. La pronuncia ha offerto anche l’occasione per delineare, in casi siffatti, il perimetro del sindacato di legittimità della Corte, nonché il significato da attribuire al secondo comma dell’art. 1920 c.c.

Polizze vita e testamento

La fattispecie alla base della pronuncia aveva ad oggetto la successione di un soggetto il quale, successivamente alla stipula di sei polizze vita in favore degli “eredi testamentari”, aveva redatto testamento, assegnando in favore dell’ex badante Sempronia due immobili e devolvendo ad un ente associativo “tutti i suoi restanti risparmi, in qualunque modo investiti”. Alla morte della contraente, la compagnia assicurativa ripartiva l’indennizzo derivante dalle polizze in parti uguali tra Sempronia e l’ente; quest’ultimo, tuttavia, rivendicava l’intero importo sulla base di quanto disposto dal testamento. Sempronia radicava dunque un giudizio al fine di sentir accertato il suo diritto a metà della somma derivante dalla liquidazione delle polizze ma la domanda veniva rigettata tanto in primo quanto in secondo grado. Avverso la decisione della Corte d’appello proponevano ricorso per cassazione sia Sempronia che la compagnia assicurativa, denunciando la violazione degli artt. 1362, 1412, 1920 e 1921 c.c., il vizio di motivazione apparente della sentenza di merito, nonché l’erronea ricostruzione della volontà testamentaria.

I principi espressi dalla Corte: designazione “in incertam personam” ed applicabilità dell’art. 1920 co. 2 c.c.

La Suprema Corte, nel rigettare entrambi i ricorsi in quanto inammissibili, ha ribadito le conclusioni raggiunte nella fondamentale sentenza a S.U. n. 11421/2021, affermando che sebbene il contratto di assicurazione sulla vita sia certamente un atto “inter vivos” con effetti “post mortem” (sicché il diritto del beneficiario nasce direttamente dal contratto, senza transitare attraverso l’asse ereditario), l’individuazione dei beneficiari che riguardi genericamente gli eredi testamentari ne comporta l’identificazione soggettiva con coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivestiranno tale qualità sulla base delle disposizioni di ultima volontà del de cuius.

In altre parole, la designazione può anche compiersi “in incertam personam” (e – perfino – in favore di una persona non ancora venuta ad esistenza), rimandando ad un momento successivo la compiuta identificazione del beneficiario.

In questa prospettiva non può escludersi che alla generica designazione, quali beneficiari, degli “eredi testamentari” (senza che il contraente abbia ancora fatto testamento) segua, poi, la “specificazione” di chi, tra di essi, debba intendersi l’effettivo destinatario di quella attribuzione, tenendo conto del disposto dell’art. 1920, comma 2, c.c., secondo cui “equivale a designazione l’attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona“.

La Corte, inoltre, ha rilevato che l’indagine sull’effettiva intenzione del contraente costituisce tipico accertamento di fatto, come tale sottratto al sindacato della Suprema Corte se (come nel caso oggetto della pronuncia) adeguatamente motivato.

La soluzione data del caso di specie

Nel caso di specie, dunque, l’affermazione del Giudice d’Appello secondo cui “nella disposizione a favore dell’ente associativo è implicita anche l’attribuzione in via esclusiva a quest’ultimo delle somme assicurate” – sostenuta da una motivazione perfettamente intelleggibile e ben al di sopra del minimo costituzionale – si è rivelata, secondo la Suprema Corte, del tutto conforme ai principi espressi dalle S.U. e come tale sottratta al giudizio di legittimità.

Autore Francesco Ceolin

Trainee

Milano

f.ceolin@lascalaw.com

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