14.05.2025 Icon

La Cassazione sulla responsabilità della Regione per sinistri causati da fauna selvatica

Con la recente ordinanza n. 7580/2025 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del tema della responsabilità della Regione in caso di sinistri causati da fauna selvatica, confermando il nuovo orientamento adottato in materia dalla giurisprudenza di legittimità e puntualizzando alcune importanti questioni di natura processuale.

La fattispecie alla base della pronuncia riguarda un sinistro stradale avvenuto nella Provincia di Macerata e causato da un cinghiale selvatico che aveva attraversato improvvisamente la carreggiata. Il proprietario dell’auto conveniva la Regione Marche, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni e vedeva accolta la propria domanda dal Giudice di Pace adito. La Regione proponeva appello dinanzi al Tribunale di Macerata, il quale riteneva che la causa petendi su cui basare la decisione non poteva che essere l’art. 2043 c.c., assumendo che sulla qualificazione della domanda fosse sceso il giudicato, non essendo stata proposta dalle parti alcuna censura sul relativo capo della sentenza di primo grado. Sulla base di tale assunto, il giudice di secondo grado accoglieva il gravame, sostenendo come l’attore non avesse fornito elementi sufficienti a dimostrare la responsabilità della Regione.

La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso proposto dal proprietario del veicolo, ha precisato che la scelta tra l’applicazione dell’art. 2043 c.c. o dell’art. 2052 c.c. non attiene alla qualificazione giudica della domanda, bensì al riparto dell’onere della prova, con la conseguenza che non può formarsi il giudicato sostanziale sull’error in procedendo eventualmente commesso.

La Suprema Corte, allineandosi ad un orientamento ormai consolidato in sede di legittimità, ha ribadito, inoltre, come la responsabilità della Regione, in tali fattispecie, debba essere ricondotta nell’alveo dell’art. 2052 c.c., articolo che, come noto, pone la presunzione di responsabilità in capo al soggetto individuato come proprietario (nel caso di specie, la Regione), il quale ha facoltà di sciogliersi dal vincolo dando la prova del caso fortuito.

Tale orientamento trova la sua origine in una nota ed articolata sentenza della Cassazione (7969/2020, ma v. anche le sent. 10.107/2022 e 25.868/2023), la quale aveva ritenuto configurabile, in capo allo Stato (e dunque alle Regioni, in qualità di enti territoriali a cui è affidata dalla legge la tutela e la gestione della fauna selvatica) un vero e proprio diritto di proprietà in relazione ad alcune specie di animali selvatici. In tale decisione la Suprema Corte aveva precisato, inoltre, che legittimato passivo dell’azione risarcitoria intentata dal danneggiato è solo ed esclusivamente la Regione, la quale potrà eventualmente rivalersi nei confronti dell’ente a cui era stato affidato in concreto il compito di porre in essere le adeguate misure di protezione (nello specifico caso omesse) che avrebbero impedito il danno.

Proprio il superamento del precedente indirizzo, il quale riteneva applicabile a tali fattispecie esclusivamente l’art. 2043 c.c., ha consentito un “alleggerimento” dell’onere della prova in capo al danneggiato, il quale sarà chiamato ad allegare e dimostrare la dinamica del sinistro e il nesso causale tra la condotta dell’animale (la quale dovrà presentare un carattere di imprevedibilità ed irrazionalità per cui – nonostante ogni cautela – non sarebbe comunque stato possibile evitare l’impatto) e l’evento dannoso subito, nonché l’adozione di ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida.

La Regione, viceversa, per poter invocare il c.d. “caso fortuito” dovrà dimostrare che la condotta dell’animale si sia posta del tutto al di fuori della sua sfera di possibile controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile del danno. Dovrà dimostrare cioè che si sia trattato di una condotta che non era ragionevolmente prevedibile né comunque evitabile, anche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure di gestione e controllo della fauna concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema cui la stessa tutela della fauna è diretta.

Autore Francesco Ceolin

Trainee

Milano

f.ceolin@lascalaw.com

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