Il fatto
La controversia nasce da una delibera assembleare con cui un supercondominio dell’hinterland milanese approvava la realizzazione di un mini – ascensore interno alla tromba delle scale, al fine di abbattere le barriere architettoniche.
Un condomino dissenziente, tuttavia, impugnava la delibera, sostenendo che l’impianto avrebbe ridotto la larghezza delle scale sotto i limiti di sicurezza, rendendo impossibile il passaggio con sedia a rotelle.
La Corte d’Appello di Milano annullava la delibera assembleare, ritenendo violati gli artt. 1102 e 1120 c.c. in quanto l’opera avrebbe limitato l’uso comune.
La vicenda, dunque, veniva impugnata in Cassazione.
Il principio di diritto affermato dalla Cassazione
Con Sentenza n. 26702/2025, la Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la decisione della Corte d’Appello e rinviando per nuovo esame.
La Cassazione ha infatti affermato che l’installazione, da parte di uno o più condomini, di un ascensore o di una piattaforma elevatrice per l’eliminazione delle barriere architettoniche non costituisce innovazione ex art. 1120 c.c., ma semplice modificazione d’uso ex art. 1102 c.c., legittima purché non arrechi pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato.
Ne consegue che:
- non serve una delibera assembleare autorizzativa (salvo diversa previsione contrattuale);
- l’assemblea non può vietare l’opera per ragioni estetiche, di decoro o per modeste limitazioni d’uso;
- l’intervento è sempre legittimo se rispetta i criteri di sicurezza strutturale.
Il rilievo dello “ius superveniens”.
La Corte in applicazione dell’art. 2 L. n. 13/1989, come modificato dal D.L. 76/2020 (conv. in L. 120/2020), afferma, quindi, che le opere dirette a eliminare le barriere architettoniche, escludono ogni limite diverso da quello di stabilità e sicurezza dell’edificio e ribadisce che l’“accessibilità” è una qualitas essenziale degli edifici, rappresentando un valore costituzionalmente protetto, connesso alla dignità e ai diritti fondamentali della persona.
Considerazione conclusive
La decisione segna un nuovo equilibrio tra diritto di proprietà e principio di solidarietà condominiale.
L’interesse del singolo disabile, o comunque di chi si trovi in condizione di ridotta mobilità, prevale su esigenze meramente estetiche o conservative del condominio.
La Corte, in linea con l’evoluzione europea e costituzionale dei diritti delle persone con disabilità, riconosce che la libertà di movimento e l’accessibilità sono diritti fondamentali.
Da oggi, installare un ascensore o una piattaforma elevatrice nelle parti comuni non è più, dunque, un privilegio, ma l’esercizio concreto di un diritto riconosciuto e tutelato dall’ordinamento.