Con l’arrivo dell’estate si programmano vacanze e viaggi in luoghi in cui non sempre i nostri amati animali d’affezione possono seguirci e/o sentirsi a proprio agio.
Ed ecco che quando non è possibile affidarli alle cure amorevoli di parenti o amici, è consuetudine rivolgersi a pensioni professionali in cui i nostri animali potranno ricevere le cure necessarie in nostra assenza.
Come si qualifica giuridicamente il rapporto intercorrente tra il proprietario dell’animale e la pensione ricettiva?
La Corte di Cassazione Civile, con ordinanza del 15 luglio 2025, n. 19497, intervenuta in materia di responsabilità civile in ambito contrattuale relativa alla custodia di animali, ha affermato, ribadendo un concetto ormai pacifico, che il rapporto tra il proprietario dell’animale e il gestore di una pensione per animali si configura come un contratto di deposito atipico ai sensi dell’art. 1766 e ss. c.c.
Da tale inquadramento giuridico si evince, quindi, che il depositario, nell’adempimento delle obbligazioni assunte, deve osservare la diligenza del buon padre di famiglia ex art. 1768 c.c..
Onere della prova e cause non imputabili: i limiti della responsabilità
In caso di danno all’animale, pertanto, grava sul depositario l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cure necessarie affinché il danno stesso fosse evitato e che, nel caso in cui il danno si sia comunque verificato, questo non sia riconducibile a una causa imputabile al depositario, secondo quanto previsto dall’art. 1218 c.c..
La Suprema Corte ha, dunque, valorizzato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui gli animali d’affezione sono oggetto di obbligazioni di custodia specifica, richiamando, così, i principi più volte affermati per le strutture ricettive autorizzate alla loro accoglienza.
Ne deriva che la responsabilità del depositario può essere esclusa solo qualora venga provato che tutte le precauzioni e cure necessarie all’animale siano state effettivamente adottate, e che l’eventuale danno verificatosi sia riconducibile a causa autonoma, imprevedibile e non imputabile a condotte omissive del depositario, come accaduto nel caso da cui trae origine l’ordinanza in commento.
Quando il danno non è colpa della pensione
Nel caso concreto, infatti, la Cassazione ha ritenuto che sia stato correttamente assolto l’onere probatorio gravante su un titolare di pensione per cani, il quale ha dimostrato di aver diligentemente espletato la propria obbligazione di cura e sorveglianza dell’animale (deceduto durante il soggiorno) affidatogli dal ricorrente nonché di aver provato che il perimento dell’animale non poteva essergli imputabile, come attestato dall’esauriente istruttoria compiuta che ne ha confermato il decesso causato dalla insorgenza, repentina ed improvvisa, della patologia che colpito il povero animale.