I fatti
Alla luce di recenti furti e atti di vandalismo realizzati recentemente in aziende di tutta Italia, è ritornato il dibattito relativo alla videosorveglianza dei lavoratori, già affrontato una decina di anni fa. Infatti, nel marzo del 2009 alcuni lavoratori di un supermercato spagnolo depositavano due ricorsi davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a seguito del licenziamento subito. Erano stati ripresi dalle telecamere installate dal datore di lavoro che sospettava che i furti si ripetessero. Dall’analisi effettuata dal manager, infatti, erano emerse delle perdite per oltre 80.000,00 euro avvenute nell’arco di 5 mesi. Per cercare di fare chiarezza su questa situazione, costui installava delle telecamere CCTV sia visibili, dandone avviso ai lavoratori, sia occulte. Saranno queste ultime, installate senza che ne fosse data notizia a cogliere in flagrante i lavoratori a rubare.
I 14 dipendenti coinvolti impugnavano il licenziamento davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’art. 8 della relativa Convenzione il quale, salvaguardando i diritti e le libertà fondamentali degli individui, afferma il diritto del rispetto della vita privata e familiare.
Sentenza della CEDU
I Giudici di Strasburgo, pertanto, si interrogavano sulla possibilità o meno per il datore di lavoro di effettuare “controlli difensivi” senza che i lavoratori stessi ne fossero a conoscenza. Punto centrale della vicenda, infatti, non era l’accertamento della facoltà o meno di installare telecamere nei luoghi di lavoro avvisando i dipendenti; piuttosto quello di accertare se l’utilizzo di tali strumenti fosse possibile nel momento in cui “i sorvegliati” ne fossero all’oscuro.
Difatti, le modalità che permettono una lecita installazione di tali sistemi di videosorveglianza sono presenti sia nel Regolamento (UE) 2016/679 (il c.d. GDPR) che, ad esempio, nelle Linee guida dell’European Data Protection Board[1] i cui principi vengono ribaditi dalla Corte EDU.
I giudici della Corte, infatti, investiti del suddetto quesito, dopo una lunga analisi sui motivi alla base della videosorveglianza, con la sentenza del 17 ottobre 2019 (qui) statuiscono che il comportamento del manager è legittimo in quanto proporzionato ed effettuato nel rispetto delle regole sulla protezione dei dati personali. Il trattamento dei dati effettuato deve essere congruo e non eccedente rispetto alla finalità che viene perseguita (art. 5 GDPR). Considerando che le telecamere hanno ripreso i dipendenti per un periodo di 10 giorni, tale monitoraggio occulto non è stato considerato lesivo dei loro diritti.
Nel momento in cui vi è un fondato sospetto che un lavoratore possa commettere un illecito e che l’entità del danno sia elevata, la Grand Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo afferma che l’installazione di telecamere nascoste è consentita. La combinazione del rispetto dei principi del GDPR con la presenza delle due condizioni accennate pocanzi, fanno sì che il datore di lavoro vada esente da sanzioni.
Il Garante italiano
Il Garante privacy italiano ha condiviso i principi espressi dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e ne ha delimitato i confini: “La videosorveglianza occulta è, dunque, ammessa solo in quanto extrema ratio a fronte di gravi illeciti e con modalità spazio-temporali tali da limitare al massimo l’incidenza del controllo sul lavoratore. Non può dunque diventare una prassi ordinaria”. L’utilizzo di tali strumenti è quindi permesso nel rispetto dei principi di proporzionalità e di non eccedenza.
Conclusioni
Alla luce di quanto sopra esposto, si può affermare che oggi un datore di lavoro che sospetti condotte illecite da parte dei suoi dipendenti possa ricorrere a sistemi di videosorveglianza occulti soltanto qualora si verifichino determinate condizioni. È necessario che sia effettuato un bilanciamento tra i diritti dei lavoratori e gli interessi dell’azienda: devono essere ponderate le modalità della sorveglianza, il periodo di tempo e il contesto dell’azione. Se il lasso temporale è circoscritto, se non è possibile ricorrere a mezzi alternativi (nel rispetto del principio di minimizzazione), allora tali misure invasive, quali la videosorveglianza occulta, sono ammesse.
Sara Donati – s.donati@lascalaw.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA
[1] “Linee Guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video” adottate dall’European Data Protection Board il 29 gennaio 2020 (reperibili su https://edpb.europa.eu/sites/default/files/files/file1/edpb_guidelines_201903_video_devices_it.pdf)