Il Tribunale dell’Unione Europea, con due decisioni gemelle del 16 luglio 2025 (cause T‑105/23 e T‑106/23), ha rigettato i ricorsi promossi dalla società britannica Iceland Foods Ltd., confermando la nullità dei marchi “ICELAND”, tanto nella versione denominativa quanto in quella figurativa. I giudici europei hanno ritenuto che il termine “Iceland”, costituendo la denominazione geografica ufficiale di uno Stato europeo, non fosse idoneo a svolgere la funzione distintiva tipica del marchio. La decisione si inserisce nel solco di una giurisprudenza consolidata che tutela il principio di disponibilità dei nomi geografici, precludendone la registrazione come marchio qualora il pubblico di riferimento li percepisca come descrittivi dell’origine, effettiva o potenziale, dei prodotti o servizi rivendicati.
La vicenda trae origine da due domande di registrazione presentate da Iceland Foods Ltd., rispettivamente nel 2002 e nel 2013, per il segno “ICELAND” e il suo corrispettivo figurativo. Le domande riguardavano un’ampia varietà di prodotti, in particolare alimentari. A seguito dell’iniziativa del governo islandese, furono avviate due procedure di annullamento dinanzi all’EUIPO, che si conclusero con l’accoglimento delle domande e la dichiarazione di nullità dei marchi. I ricorsi proposti dalla società dinanzi alla Commissione di ricorso allargata vennero anch’essi respinti, e la stessa sorte è toccata ai ricorsi giurisdizionali davanti al Tribunale dell’Unione. Ai sensi dell’art. 7, par. 1, lett. c), del Regolamento (UE) 2017/1001, sono esclusi dalla registrazione i segni costituiti esclusivamente da indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o servizi, tra cui la provenienza geografica. È principio pacifico che la funzione distintiva del marchio sia incompatibile con l’uso di termini che, per la loro natura descrittiva, non permettono al consumatore di individuare l’origine imprenditoriale del prodotto. Come affermato da consolidata giurisprudenza (tra le molte, C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee), l’utilizzo di nomi geografici che possano evocare la provenienza di determinati beni o servizi deve rimanere libero, in quanto espressione dell’interesse generale alla concorrenza e alla corretta informazione del pubblico.
Nel caso di specie, il Tribunale ha confermato che il termine “Iceland” è immediatamente percepito dal pubblico anglofono come indicazione geografica di un paese reale, noto e ben identificabile. Non assume rilievo decisivo il fatto che l’Islanda non sia attualmente un produttore dominante nella filiera alimentare: ciò che rileva è la potenziale percezione del termine da parte del pubblico come riferimento alla provenienza dei prodotti. La possibilità anche futura di un legame tra i beni e il territorio è sufficiente a integrare l’impedimento assoluto alla registrazione. In questo contesto, il Tribunale ha respinto anche l’argomento secondo cui la grafica del marchio figurativo — lettere bianche su sfondo rosso, arancio e giallo — potesse conferire al segno una capacità distintiva autonoma. Al contrario, tali elementi sono stati giudicati puramente decorativi e privi di incidenza sull’impressione complessiva del segno, che rimane interamente focalizzata sull’elemento verbale “Iceland”. Il Tribunale ha inoltre confermato che la tutela del principio di disponibilità prevale anche sull’eventuale possibilità, prevista dall’art. 12, lett. b), del Regolamento n. 40/94 (oggi art. 14 del Regolamento 2017/1001), di usare legittimamente termini geografici in modo descrittivo da parte di terzi. Il fatto che i concorrenti possano utilizzare un nome geografico in senso descrittivo non elimina la necessità di impedire la registrazione di tali segni come marchi, proprio per evitare che un singolo operatore acquisisca un’esclusiva lesiva della concorrenza.
In conclusione, il Tribunale ha riaffermato un principio fondamentale del diritto dei marchi dell’Unione: i segni che coincidono con nomi geografici conosciuti e potenzialmente evocativi della provenienza dei prodotti o servizi non possono essere oggetto di registrazione, in quanto privi della capacità distintiva richiesta e contrari all’interesse generale. La decisione si inserisce in un orientamento giurisprudenziale rigoroso ma coerente, che tutela la funzione essenziale del marchio e garantisce la libera disponibilità dei segni descrittivi, contribuendo così a preservare l’equilibrio tra protezione dei diritti esclusivi e libero accesso al mercato.
01.12.2025