08.09.2022 Icon

Exit del socio e clausola di mero gradimento

In materia di s.r.l., il diritto di recesso non è riconosciuto per il semplice fatto che sia prevista una clausola di mero gradimento, ma per consentire al socio, a fronte del diniego di gradimento, di non rimanere “prigioniero della società”.

Come noto, la riforma del diritto societario ha introdotto, in tema di recesso del socio di società a responsabilità limitata, una disciplina sostanzialmente autonoma rispetto a quella delle società per azioni, sia per quanto riguarda le cause legittimanti che le modalità di liquidazione del socio receduto. 

In particolare:(i) con l’art. 2473 c.c. sono state notevolmente ampliate le ipotesi in cui è attribuito al socio il diritto di recedere dalla società, riconoscendosi ampia autonomia statutaria in materia, e prevedendosi, altresì, che tale diritto competa – in ogni caso – al socio che non abbia consentito 1) al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società; 2) alla fusione o alla scissione della società; 3)alla revoca dello stato di liquidazione; 4) al trasferimento della sede all’estero; 5) alla eliminazione di una o più cause di recesso stabilite dall’atto costitutivo; 6) al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione di fatto dell’oggetto della società determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’art. 2468, quarto comma, c.c. (in tema di amministrazione della società e di distribuzione degli utili);(ii) l’art. 2473 c.c. riconosce, invece, al socio il diritto di recesso nell’ipotesi in cui non sia stabilita la durata del rapporto sociale;(iii) inoltre, in forza del disposto del secondo comma dell’art. 2469 c.c., il diritto di recesso spetta quando nell’atto costitutivo siano presenti le seguenti clausole: a) clausola di intrasferibilità delle partecipazioni; b) clausola che subordini “il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi, senza prevederne condizioni e limiti”; c) clausola che ponga “condizioni o limiti che, nel caso concreto, impediscono il trasferimento a causa di morte”.

Ciò premesso, il Tribunale di Catanzaro – con sentenza emessa il 7 aprile 2022 – è stato chiamato a decidere in merito all’impugnazione di una delibera assembleare con cui i soci avevano deciso di proseguire l’attività con gli eredi del socio deceduto, nonostante questi ultimi avessero precedentemente espresso la volontà di esercitare il diritto alla liquidazione con conseguente rimborso della partecipazione del socio defunto.

Secondo gli eredi-attori, infatti, sarebbe spettato loro il diritto di recesso in ragione della clausola statutaria di mero gradimento contraria a quanto previsto dall’art. 2469 c.c. e, come tale, inefficace e nulla.

A riguardo il Tribunale ha chiarito che “il diritto di recesso non è, però, accordato dall’art. 2469, 2 co., c.c. per il semplice fatto che sia prevista una clausola di mero gradimento, ma per consentire al socio, a fronte del diniego di gradimento, di non rimanere <prigioniero della società>”.

E pertanto, nel caso in esame, con la delibera dell’1.6.2015 i soci hanno espresso parere favorevole alla continuazione della società con gli eredi del socio defunto, con la conseguenza che, in virtù della suddetta delibera gli eredi sono entrati nella compagine societaria, vincolandosi allo statuto. Ne consegue che gli stessi non possono pretendere la liquidazione della quota in quanto, per espressa statuizione statutaria, la stessa è subordinata alla decisione dei soci.”.

Autore Maria Giulia Furlanetto

Senior Associate

Bologna

m.furlanetto@lascalaw.com

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