È questo il concetto espresso dal Tribunale di Firenze che, a fronte di una domanda di inibitoria per atti di concorrenza sleale, ha negato la misura per il fatto che il format commerciale di una famosa rete di ristoranti non è un’opera dell’ingegno tutelabile dalla legge sul diritto d’autore.
In altri termini, i giudici, sia in fase di ricorso che in fase di reclamo, hanno sorprendentemente confuso per ben due volte la condotta illegittima di chi imita in modo servile le iniziative di un concorrente con la condotta illegittima di chi copia o riproduce abusivamente un brano musicale.
A fine 2015, un imprenditore avviava le trattative per la sua affiliazione ad una catena di ristorazione in franchising. Tuttavia, una volta ottenute informazioni chiave sul format dei ristoranti (layout, fornitori, struttura, organizzazione, menù, eventi, ecc.), apriva di sua iniziativa un locale del tutto simile a quelli del franchisor, addirittura con insegna quasi identica.
Quest’ultimo reagiva immediatamente rivolgendosi al Tribunale di Firenze con ricorso cautelare per contraffazione di marchio e atti di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.
Il giudice riconosceva la contraffazione e concedeva l’inibitoria conseguente, ma, relativamente alla concorrenza sleale, non ravvisava nel format un sufficiente grado di originalità tutelabile come opera dell’ingegno (forse intendendo la parola «format» in senso televisivo anziché commerciale).
Il franchisor, quindi, riproponeva la sua domanda in fase di reclamo lamentando che il giudice del ricorso non si era espresso sulla lamentata concorrenza sleale, ma aveva inopinatamente rivolto la sua attenzione ai caratteri di originalità del format (mai pretesi) anziché indagare la condotta anticoncorrenziale del resistente. Sicché, invece di valutare il ricorrere o meno di atti anticoncorrenziali contrari a buona fede e correttezza, il giudice si era concentrato sulla formula commerciale della catena di ristoranti e aveva escluso qualsiasi illecito per il solo fatto che tale format non è un’opera d’arte(!).
Con identica motivazione del giudice della prima fase, anche il collegio del reclamo ha incentrato la sua analisi sulla legge sul diritto d’autore escludendo qualsiasi illecito per difetto del format di «quel minimo di elaborazione creativa riconoscibile ed originale di cui all’art. 6 l. 622/41» (legge sul diritto d’autore).
In definitiva, per i giudice fiorentini, contrariamente all’insegnamento ricorrente, la concorrenza sleale, nella sua declinazione della condotta parassitaria o di imitazione servile, sarebbe ravvisabile solo nella misura in cui ricorra un’ipotesi di plagio o contraffazione di opera dell’ingegno o di altro titolo di diritto industriale.
Trib. Firenze, 15 novembre 2016, n. 9227 (leggi l’ordinanza)Francesco Rampone – f.rampone@lascalaw.com
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