Il Tribunale di Savona, con la sentenza n. 665 del 20.09.2023, ha evidenziato che la verifica del merito creditizio è completa ed esaustiva, ai sensi della disciplina vigente, anche se la stessa si circoscrive ad una mera disamina dei documenti forniti dal consumatore, ciò in quanto la consultazione delle banche dati pertinenti non è indispensabile.
L’obbligo di verifica del merito creditizio, infatti, impone al finanziatore di procedere preventivamente alla verifica della sostenibilità del finanziamento attraverso le informazioni ricevute dal consumatore o, in mancanza, avvalendosi di banche dati pertinenti.
Per tale ragione, il Tribunale di Savona ha affermato che “il fatto che la finanziaria abbia basato la propria istruttoria solo sulle informazioni ricevute dall’attrice (senza consultare specifiche banche dati al fine di verificare le sue condizioni economiche e patrimoniali) non assume rilievo determinante ai fini che qui interessano, considerato che, secondo il disposto dell’art. 124 bis T.U.B., tale consultazione costituisce una mera eventualità non sempre obbligatoria”.
In questa direzione, è stato inoltre evidenziato che “la formulazione letterale dell’art. 124 bis del DLGS 1993, n.385 in Gazzetta Uff. 30/09/1993, n.2305 (anche nell’interpretazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, cfr. sentenza sez. VI, 10/06/2021, n. 303 in ordine all’art. 8 della direttiva 48/2008) riconnette la sufficienza delle operazioni di verifica del merito creditizio del consumatore alla disamina delle informazioni adeguate anche soltanto in relazione a quanto fornito dal consumatore stesso (la CGUE, nella predetta sentenza, fa espressamente riferimento all’eventualità della consultazione delle banche dati), non rinvenendosi come specifico obbligo in capo al finanziatore quello di accedere sempre e comunque alle banche dati” (cfr. Trib. Ivrea n. 70/2022)”.
Il che, precisa infine il Tribunale, è circostanza più che sufficiente per respingere qualsiasi tesi circa l’asserita configurabilità di una concessione abusiva del credito, ovvero qualsiasi richiesta di annullabilità del contratto, e ciò per il seguente ordine di motivi: “un’eventuale violazione degli obblighi di verifica del merito creditizio da parte della finanziaria non potrebbe comunque portare, come sua conseguenza, all’invalidazione del contratto di finanziamento – trattandosi di sanzione che non è in alcun modo prevista dall’ordinamento – ma al limite alla sola irrogazione alla finanziaria di una sanzione risarcitoria; sanzione della quale tuttavia, nel caso di specie, difettano i presupposti, non avendo l’attrice dato prova di aver subito alcun danno dalla vicenda contrattuale de qua, e non essendo inoltre il contegno asseritamente illecito da essa lamentato in alcun modo riferibile all’odierna convenuta, che non ha partecipato alla fase delle trattative precontrattuali che hanno condotto alla stipula del finanziamento”.
Delineato in questi termini il perimetro, il finanziatore non è stato ritenuto responsabile neppure per l’eventuale risarcimento del danno conseguente l’asserita violazione del dovere di buona fede nella fase di formazione del contratto.