17.04.2023 Icon

Giudicato implicito e tutela dei consumatori: il delicato bilanciamento delle Sezioni Unite

Con la sentenza n. 9479 del 6 aprile 2023, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ripreso i principi già espressi dalla Grande Sezione della Corte di Giustizia UE del 17 maggio 2022 (e in particolare la decisione nella causa C-600/19 Ibercaja Banco) che, a tutela del consumatore, prevedeva la possibilità di sacrificare, in alcune condizioni, il principio della certezza del giudicato, quando non vi era stata pronuncia esplicita sulla legittimità delle clausole contrattuali.

La Suprema Corte, nella sua massima composizione, ha ora fatto ordine in alcune disposizioni processuali del nostro ordinamento per armonizzarle con il diritto dell’Unione Europea, pur mantenendone la struttura di base.

La decisione in esame nasce dal caso di una consumatrice che aveva prestato una fideiussione a beneficio di un istituto di credito, escussa in seguito all’inadempimento del debitore principale.

Era stato quindi ottenuto un decreto ingiuntivo, che non veniva opposto dalla garante, in base al quale l’istituto creditore promuoveva un procedimento esecutivo immobiliare ai danni della garante/consumatrice. Quest’ultima proponeva opposizione avverso l’ordinanza che dichiarava esecutivo il progetto di distribuzione del ricavato, eccependo la nullità del decreto ingiuntivo azionato, in quanto emesso da un giudice territorialmente incompetente, al quale il creditore si era rivolto invocando una clausola della fideiussione che derogava il foro del consumatore in assenza dei presupposti di legge, da considerarsi quindi abusiva.

L’opposizione agli atti esecutivi veniva tuttavia respinta  in quanto il decreto ingiuntivo era passato in giudicato.

Ricorrendo in Cassazione, la garante/consumatrice invocava la violazione della direttiva 93/13 e dell’art. 19 del TUE e, in particolare, l’effettività della tutela del consumatore, non essendoci stato alcun controllo d’ufficio, in sede di procedimento monitorio, sull’abusività delle clausole contrattuali. La consumatrice rinunciava poi al ricorso (probabilmente per intervenuta transazione) ma le Sezioni Unite si sono ugualmente pronunciate nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c. , ritenendo la questione sottopostale di particolare rilevanza per l’ordinamento.

Riprendendo i principi enunciati dalla CGUE nelle citate sentenze del 17 maggio 2022, che avevano già aperto un acceso dibattito in dottrina e in giurisprudenza, la Suprema Corte ha fornito una interpretazione innovativa di alcune norme processuali in materia di ingiunzione di pagamento, enunciando i seguenti principi di diritto:

Fase monitoria

Il giudice del monitorio:

a) deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;

b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione:

b.1.) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore;

b.2) ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione;

c) all’esito del controllo:

c.1) se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso;

c.2) se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;

c.3) il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.

Fase esecutiva

Il giudice dell’esecuzione:

a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;

b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;

c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;

d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;

e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);

f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva – se del caso rilevando l’abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.

Fase di cognizione

Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.:

a) una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art. 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;

b) procederà, quindi, secondo le forme di rito.”

In conclusione, per armonizzare il nostro ordinamento al diritto europeo, come interpretato dalla CGUE, si è scelto di derogare al principio della certezza del diritto e dell’intangibilità del giudicato in favore di una tutela effettiva del consumatore: da un lato, anticipando – di fatto – all’ambito del procedimento sommario monitorio parte di quella cognizione piena demandata al giudizio di merito; dall’altro lato, concedendo una “rimessione in termini” al debitore/consumatore, anche se rimasto colpevolmente inerte di fronte all’azione monitoria del creditore, con conseguenti disagi per i creditori che abbiano promosso azioni esecutive confidando sulla intangibilità di un titolo esecutivo di natura giudiziale passato in giudicato.

Autore Antonio Ferraguto

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