In materia di prescrizione estintiva delle rimesse bancarie, la giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso di riconoscere in capo all’attore-correntista, in caso di eccezione di prescrizione sollevata dalla banca convenuta, l’onere di provare la natura ripristinatoria delle rimesse e, prima ancora, l’esistenza del contratto di affidamento.
Nella sentenza in commento, la Corte d’Appello di Milano interveniva in merito al gravameinterposto dalla banca convenuta, avverso una sentenza del Tribunale di Milano che aveva, fra le altre, statuito che “stante la mancata prova dell’ammontare dell’affidamento il cui relativo onere gravava sulla banca convenuta, tutte le rimesse vanno considerate ripristinatorie e, come tali, non prescritte”.
La censura alla decisione del giudice di primo grado partiva dall’aver fatto proprie le risultanze della CTU, la quale aveva accertato – da un lato – la sussistenza di poste addebitate illegittimamente alla correntista – e dall’altro – l’impossibilità di individuare le singole rimesse ai fini dell’accertamento della prescrizione, a causa dell’indisponibilità delle singole movimentazioni, dato che l’unico estratto conto prodotto in atti dall’attrice-correntista era un estratto conto scalare che non offriva, dunque, il dettaglio delle singole movimentazioni. Con la conseguenza che tutte le rimesse erano state considerate ripristinatorie e, dunque, non coperte da prescrizione.
Il giudicante, infatti, aveva accolto le domande attoree, respingendo l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, in quanto quest’ultima non avrebbe fornito prova delle singole rimesse solutorie e, più in generale, della ricostruzione del saldo disponibile.
Ebbene, la Corte d’Appello, in riforma della pronuncia appellata, ha ritenuto che l’impossibilità di individuare le rimesse ripristinatorie da quelle solutorie doveva ritenersi esser dipesa – più che dalla dimostrazione del limite dell’affidamento – dall’impossibilità di valutare le singole rimesse e, quindi, da una questione attinente ai presupposti della puntuale ricostruzione del conto che, in una causa di accertamento negativo e di ripetizione d’indebito, rimanda all’onere della prova a carico del cliente; infatti, nel caso di specie, l’attrice-correntista non aveva assolto all’onere della prova in ordine alla puntuale movimentazione del conto, avendo prodotto solo gli estratti conto scalari e non anche quelli mensili.
La Corte ha, dunque, concluso accogliendo l’appello della banca, respingendo le domande attoree, in quanto non provate.
Del resto, sarebbe stato non conforme, prima che al diritto, alla logica, individuare – sulla base dei soli estratti conto scalari – tutte le rimesse che la Banca avrebbe applicato indebitamente e non anche, invece, quelle che ne avrebbero escluso la loro ripetizione (in quanto prescritte).
Infatti, se è vero che i soli estratti conto scalari rendono impossibile accertare l’eventuale prescrizione (dunque, l’individuazione delle rimesse solutorie), deve essere vero anche che gli stessi rendono impossibile individuare le ulteriori poste; poste, invece, che erano state ritenute non dovute, con conseguente individuazione di un credito a favore dell’attrice-correntista.