19.03.2024 Icon

Flash news: lo special servicer non è una 106 TUB? La Cassazione respinge l’eccezione

Dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici (titolo VIII, capo I, del T.U.B.); in conclusione, con specifico riferimento all’eccezione qui avanzata, ai fini della validità del controricorso non rileva che la SPECIAL SERVICER – rappresentante sostanziale di MASTER SERVICER, a sua volta mandataria della società veicolo SPV, cessionaria di credito bancario – sia iscritta (oppure no) nell’albo degli intermediari finanziari”.

Questo è quanto affermato dalla Cassazione con propria ordinanza pubblicata in data 18 marzo 2024, n. 7243, intervenuta in risposta all’eccezione con cui il ricorrente aveva lamentato quanto segue: lo «SPECIAL SERVICER che ha ricevuto la procura per il materiale recupero del credito non è iscritta all’albo di cui all’art. 106 TUB per cui non può procedere alle attività di recupero […] Da un esame approfondito della normativa emerge che l’attività di recupero dei crediti cartolarizzati è riservata esclusivamente (ex art. 2 comma 6 legge n.130/1999) in via diretta ai soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 106 TUB […] Tale eccezione è da inquadrarsi nel difetto di rappresentanza, che non è suscettibile di sanatoria e può essere rilevata di ufficio in ogni grado e stato del procedimento, per cui la detta società non può contraddire al presente ricorso per cassazione trattandosi di attività tesa al recupero del credito».

Da qui l’ordinanza della Suprema Corte, secondo cui:

  • in relazione all’interesse tutelato, qualsiasi disposizione di legge, in quanto generale e astratta, presenta profili di interesse pubblico, ma ciò non basta a connotarla in termini imperativi, dovendo pur sempre trattarsi di «preminenti interessi generali della collettività» o «valori giuridici fondamentali»”;
  • il mero riferimento alla rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie e finanziarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l’indefinita serie di disposizioni del cd. “diritto dell’economia”, contenute in interi apparati normativi (come il T.U.B. o il T.U.F.)”;
  • in particolare, ad avviso del Collegio, le succitate norme non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d’Italia) e presidiati anche da norme penali”;
  • conseguentemente, non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità “derivata”;

Per tali ragioni, conclude la Suprema Corte, dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, non ravvisandosi alcun difetto di rappresentanza.

Autore Francesco Concio

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