16.06.2023 Icon

Eccezione di giudicato esterno: il colpo di scena che non ti aspetti

Il Tribunale di Roma si è recentemente pronunciato sul tema del giudicato esterno, spiegando la funzione e la rilevabilità d’ufficio dello stesso.

Esaminiamo nel dettaglio la vicenda. Una società correntista citava in giudizio la Banca lamentando l’illegittima applicazione nel corso di un rapporto di conto corrente di interessi ultralegali, anatocistici e usurari, di commissioni di massimo scoperto, spese e valute prive di specifica e adeguata pattuizione.

In corso di causa la Banca convenuta chiedeva il rigetto integrale delle domande, producendo un decreto ingiuntivo passato in giudicato emesso dieci anni prima dal Tribunale di Perugia, con il quale veniva accolta la domanda monitoria proposta proprio dalla Banca, con condanna della società al pagamento di una somma pari al saldo debitore del conto corrente oggetto del giudizio.

Secondo il Giudice, l’eccezione di giudicato esterno sollevato dalla difesa della Banca è fondata.

Con tale termine si intende il giudicato che si è formato in un processo diverso da quello a conclusione del quale è stata pronunciata la sentenza. Opera, quindi, all’interno di processi diversi instaurati tra le stesse parti.

Il Tribunale di Roma richiama la giurisprudenza recente della Corte di Cassazione e precisa che il giudicato esterno formatosi su un rapporto contrattuale è rilevabile d’ufficio: “infatti, l’accertamento del giudicato esterno non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma corrisponde ad un preciso interesse pubblico, volto ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, in ossequio al principio del ne bis in idem (Cass, 11 giugno 2021, n. 16589). In particolare, l’eccezione di giudicato esterno non è soggetta a preclusioni per quanto riguarda la sua allegazione in sede di merito in quanto prescinde da qualsiasi volontà dispositiva della parte e in considerazione del suo rilievo pubblicistico, è rilevabile d’ufficio (Cass. 7 gennaio 2021, n. 48)”.

Quindi il suo accertamento mira ad evitare la formazione di giudicati contrastanti e corrisponde ad un preciso interesse pubblico, consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. Le parti non hanno dunque la facoltà di disporre di esso, almeno nel senso di chiedere una nuova pronuncia sulla stessa controversia.

Ma il Tribunale capitolino va oltre. Precisa che “l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico”. Ciò vale anche per il decreto ingiuntivo che non acquista efficacia di giudicato solo in merito al credito azionato “ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda (Cass., 6 settembre 2007, n. 18725). Peraltro, il giudicato formatosi a seguito della mancata opposizione avverso un decreto ingiuntivo, recante intimazione di pagamento, fa stato fra le stesse parti circa l’esistenza e validità del rapporto corrente inter partes e sulla misura della pretesa creditoria, nonché circa l’inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio di opposizione, quali quelli atti a prospettare l’insussistenza, totale o parziale, del credito azionato in sede monitoria”.

Conclude pertanto il Giudice affermando, senza alcun dubbio, che le statuizioni contenute nel decreto ingiuntivo “fanno stato tra le odierne parti”.

Il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. è stato quindi rigettato.

Autore Alessandra Buccolieri

Associate

Milano - UniQLegal

Alessandra.Buccolieri@uniqlegal.it

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