07.10.2025 Icon

Cessione di sportelli bancari e legittimazione passiva

Il Tribunale di Termini Imerese, in una recente pronuncia, tra le altre questioni analizzate, ha avuto modo di soffermarsi sulla carenza di legittimazione passiva dell’istituto di credito cedente un ramo d’azienda, in relazione alle domande di ripetizione avanzate da una correntista.

Cessione del ramo d’azienda: le norme applicabili

Nel caso in esame, una società correntista citava in giudizio un istituto di credito al fine di ottenere la ripetizione degli importi a suo dire indebitamente addebitati dalla Banca nel corso di un rapporto di conto corrente e di un rapporto di mutuo, sorti ed intrattenuti inizialmente con una diversa banca, poi confluiti in un’operazione ex art. 58 TUB (c.d. cessione ramo d’azienda, ossia di sportelli bancari), perfezionatasi tra la convenuta ed altro istituto.

Nel corso del giudizio la Banca cessionaria ha formulato apposita richiesta di chiamata in causa cedente, avanzando formale istanza di manleva in caso di condanna al pagamento dell’indebito, sul presupposto che i contratti di apertura dei rapporti fossero stati sottoscritti in data antecedente rispetto all’intervenuta cessione e senza limitare l’efficacia della propria domanda al solo periodo ante operazione, ma estendendola all’intera durata del rapporto.

La Banca cedente, costituendosi in giudizio, eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva rispetto alla domanda di ripetizione d’indebito formulata dalla correntista o, al più, chiedendo di limitare la propria responsabilità unicamente al periodo ante cessione.

Il Tribunale, dapprima, ha emesso una sentenza c.d. non definitiva, mediante la quale ha rigettato tutte le doglianze attoree riferite al periodo antecedente l’intervenuta cessione dello sportello bancario ad altro istituto, senza tuttavia prendere adeguatamente posizione sull’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla Banca cedente.

Successivamente, con la sentenza definitiva, il Giudice ha esaminato l’eccezione anche sotto il profilo giuridico, considerandola fondata.

L’art. 58 TUB prevale sulle regole del codice civile

Innanzitutto, ha correttamente ricondotto la materia nell’ambito applicativo dell’art. 58 TUB, ritenendo inapplicabili invece le norme del codice civile di cui agli artt. 2558 – 2560 c.c., facendo pertanto prevalere la specialità della normativa di cui al Testo Unico Bancario rispetto alla legislazione civile.

L’art. 58 TUB, co. 5, prevede espressamente, infatti, che – trascorso il termine di tre mesi dagli adempimenti pubblicitari di cui al co. 2 (ossia dall’iscrizione della cessione nel registro delle imprese e dalla conseguente pubblicazione della stessa nella Gazzetta Ufficiale) – sarà il cessionario a rispondere, in via esclusiva, dell’adempimento delle obbligazioni oggetto della cessione.

Nel caso posto all’attenzione del Tribunale, la Banca cedente non solo non aveva ricevuto alcuna contestazione in ordine alla tenuta dei rapporti oggetto di giudizio nei tre mesi successivi agli adempimenti pubblicitari richiesti dalla norma, ma aveva altresì precisato come tali rapporti non fossero oggetto di controversia al momento del perfezionamento della cessione, circostanza che li avrebbe – giusto dettato del contratto di cessione – espressamente esclusi dall’operazione.

Il Giudice, pertanto, aderendo e richiamando un orientamento enunciato dalla Suprema Corte in merito, ha precisato che “Per quanto attiene alla domanda di ripetizione, si osserva che In tema di cessione di azienda bancaria, l’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993 (TUB) deroga all’art. 2560 c.c., prevedendo che, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità notizia di essa, le passività dell’azienda si trasferiscono in capo al cessionario, il quale conseguentemente è diretto responsabile del debito restitutorio delle somme indebitamente incassate dalla banca cedente, avuto riguardo al contratto di conto corrente bancario viziato da clausole nulle, tra cui quella di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici (cfr. Cass. civ. n. 8272/23), sicchè la domanda proposta dall’attore nei confronti della parte convenuta va accolta nei limiti dell’accertamento compiuto”.

Il Tribunale, dunque, in accoglimento della domanda di ripetizione, ha condannato unicamente l’istituto di credito cessionario (convenuto in giudizio) al pagamento dell’indebito accertato, lasciando indenne da responsabilità, invece, la Banca cedente (terza chiamata).

Autore Andrea Maggioni

Associate

Milano - LegalMind

Andrea.maggioni@lmind.it

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