14.11.2024 Icon

Cessione di credito: rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Il Tribunale di Brindisi, con l’ordinanza dello scorso 22 ottobre, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione circa la prova delle cessioni di credito in blocco e la gestione dei crediti cartolarizzati.

Il Tribunale pugliese è stato indotto al rinvio della questione al legislatore comunitario dalla necessità di apprestare un’adeguata tutela in favore del consumatore, quale soggetto bisognevole di una particolare protezione, stante la sua debole posizione contrattuale. Tale tutela non potrebbe mai attuarsi senza la neutralizzazione di ogni forma di opacità dei meccanismi negoziali in danno alla figura del consumatore, così come degli stessi fenomeni di circolazione del credito che avvengano con modalità non trasparenti.

Tra l’altro, il dubbio di conformità all’ordinamento euronitario non sarebbe limitato alla singola norma ma, al contrario, si estenderebbe all’intero microsistema normativo delle cessioni in blocco dei crediti deteriorati, il quale, allo stato, potrebbe divenire agevole strumento di concretizzazione della finalità della criminalità organizzata di celare la provenienza del denaro investito.

Ed è indubbio che potrebbe profilarsi un’ipotesi di sopravvenuta anticomuniarietà della disciplina non solo per il carattere postumo del parametro comunitario e per l’introduzione di regole europee sempre più stringenti, ma anche perché sarebbe stato il mutare del quadro fattuale ed, in particolare, il proliferare delle cessioni anche in favore di soggetti non iscritti agli elenchi degli intermediari finanziari, a porre il problema della euro-compatibilità di tale statuto normativo.

Secondo il Tribunale di Brindisi, infatti, potrebbe essere un esito comunitariamente imposto quello di vietare la cessione fra soggetti non iscritti ai predetti elenchi e di presidiare tale violazione con la sanzione della nullità o altra idonea forma rimediale.

Qui di seguito si riportano le questioni pregiudiziali rimesse alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea:

“Se e a quali condizioni il diritto unionale ed, in particolare, la normativa antiriciclaggio, così come i generali principi di effettività della tutela, di trasparenza, di buona fede oggettiva con i suoi corollari in punto di obblighi informativi, debbano considerarsi o meno ostativi ad una normativa interna in materia di cessioni in blocco (o cumulative) dei crediti deteriorati – quella applicabile alla fattispecie concreta e anteriore all’approvazione del Decreto Legislativo 30 luglio 2024, n. 116, entrato in vigore il 13-8-2024, attuativo della dir. UE 2167 del 2021 – che presenta le seguenti caratteristiche:

a) non prevede una forma scritta ad substantiam o ad probationem, in particolare nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o, comunque modalità di confezionamento idonee ad assicurare la data certa

b) non contemplava, fino all’entrata in vigore del predetto decreto, alcun obbligo di iscrizione in albi vigilati per soggetti che svolgono attività di cessione in blocco, in quanto non svolgenti attività finanziaria, come stabilito dalla Suprema Corte e che, dunque, sono automaticamente sottratti anche, per via dell’assenza di un obbligo di atto pubblico, alle regole in materia di antiriciclaggio;

B) Laddove la Corte ravvisi l’evidenziato contrasto, se la normativa unionale, così come descritta, imponga o meno, a tutela dell’effettività degli interessi comunitari, la radicale sanzione della nullità:

a) delle cessioni perfezionatisi nella vigenza del quadro anteriore all’approvazione del decreto attuativo della dir. 2167 del 2021”;

b) delle procure all’incasso rilasciate a soggetti non iscritti ad un albo vigilato dall’autorità indipendente di settore e incaricate della verifica dell’osservanza della normativa di contrasto del riciclaggio”.

Non ci resta che attendere la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Autore Silvia Alessandra Pagani

Managing Associate

Milano

s.pagani@lascalaw.com

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