La Corte di Appello di Milano, con la sentenza n. 969 dello scorso 26 marzo, si è pronunciata in ordine alle sorti dei contratti di leasing immobiliare indicizzati all’Euribor, oggetto di manipolazione.
Nel caso di specie, il Collegio milanese ha respinto la domanda di nullità parziale di un contratto di leasing indicizzato all’Euribor oggetto di manipolazione, avanzata dall’utilizzatore del bene, il quale riteneva che l’accordo contrattuale oggetto di lite fosse stato inficiato dall’intesa anticoncorrenziale sanzionata dalla Commissione Europea, cui tuttavia risultava estranea la Banca concedente.
Ripercorrendo il panorama giurisprudenziale italiano in materia di manipolazione dell’Euribor a seguito delle due decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, con cui la Commissione Europea ha stabilito che, tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008, alcune banche avevano preso parte a una pratica illecita nel settore dei “tassi di interesse dei derivati dell’euro” connessi all’Euribor, la Corte d’appello di Milano ha avallato l’orientamento espresso dalla Cassazione, Prima Sezione Civile, con l’ordinanza interlocutoria n. 19900 del 19 luglio 2024.
Con quest’ultima decisione, infatti, la Suprema Corte preso atto dei contrasti interpretativi emersi, ha evidenziato l’estraneità al mercato inciso dall’intesa anticoncorrenziale dei contratti di finanziamento indicizzati all’Euribor, per tale ragione non inquadrabili entro la categoria dei “contratti a valle” dell’intesa vietata che sono tali nella misura in cui costituiscano lo sbocco dell’intesa vietata o risultino essenziali a realizzarne e ad attuarne gli effetti.
Il contratto di leasing oggetto di lite, secondo la Corte milanese, si collocava al di fuori dell’ambito oggettivo dell’intesa anticoncorrenziale accertata in sede comunitaria secondo la quale non ogni contratto bancario che determina il tasso convenzionale mediante riferimento all’indice Euribor possa considerarsi “contratto a valle” della pratica illecita “a monte” accertata in sede europea.
Il contratto di leasing oggetto di giudizio, infatti, risultava diverso sia per ciò che concerne l’ambito di applicazione sia rispetto alle contrattazioni interbancarie inerenti al mercato dei derivati, oggetto della decisione della Commissione Europea.
Dal punto di vista soggettivo, poi, è risultato che la Banca concedente non facesse parte c.d. panel degli istituti di credito coinvolti, nel medesimo arco temporale, nell’intesa restrittiva della concorrenza accertata in sede comunitaria.
Dunque, nella fattispecie oggetto di gravame, non è parso applicabile l’orientamento, affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 41994 del 30.12.2021 sullo specifico tema delle fideiussioni omnibus – richiamato dall’appellante – che ha ritenuto che le clausole riproduttive dello schema ABI – e dichiarate nulle, per violazione del diritto alla concorrenza, da Banca D’Italia con provvedimento n. 55/2005 – comportino la nullità (parziale) dei contratti di fideiussione a valle nella misura in cui riproducono lo schema unilaterale costituente l’intesa vietata, divergendo in maniera significativa dalla fattispecie di lite.