Con la sentenza in commento, resa all’esito di un giudizio patrocinato dallo Studio, il Tribunale di Roma ha ritenuto infondate le domande dei correntisti volte ad ottenere l’accertamento della responsabilità della Banca per le operazioni di bonifico fraudolentemente disposte dal promotore finanziario e la condanna alla restituzione delle somme indebitamente sottratte da quest’ultimo.
Nello specifico, i correntisti hanno convenuto l’Istituto di credito davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che venisse accertato l’inadempimento dello stesso con riferimento alle obbligazioni relative ai rapporti di conto corrente, lamentando la violazione del vincolo di bonifico in uscita, dell’obbligo di SMS Alert e di invio degli estratti conto.
Il rispetto degli obblighi contrattuali da parte della Banca, secondo la ricostruzione degli attori, avrebbe consentito loro di avvedersi delle operazioni illecite e non autorizzate poste in essere dal promotore e di bloccare i conti correnti.
Nel rigettare le domande degli attori, il Giudice ha effettuato una puntuale ricognizione che ha tenuto conto delle specifiche posizioni contrattuali delle parti nell’ambito del contratto quadro ed ha in definitiva accertato la violazione, da parte dei correntisti, degli obblighi di informazione, nei confronti della Banca, e di custodia dei codici di accesso e password relativi ai conti correnti previsti dal contratto stesso.
Secondo le disposizioni contrattuali “Il Cliente è tenuto a depositare l’originale della propria firma e quelle delle persone autorizzate a rappresentarlo nei suoi rapporti con la Banca, precisando, per iscritto, i limiti eventuali facoltà loro accordate” e ancora “il Cliente è responsabile della custodia e del corretto utilizzo dei codici di sicurezza e della password: non potendo la Banca verificare in alcun modo l’identità di chi accede al Servizio, il Cliente risponde dell’eventuale indebito uso, da chiunque operato, dei codici di sicurezza e della password”.
Il Tribunale, vagliati i fatti ed i documenti di causa, ha rilevato che gli attori avevano fornito intenzionalmente al mandatario le credenziali di accesso e le password relative ai conti correnti e, per altro verso, non avevano comunicato alla Banca il vincolo fiduciario pattuito con quest’ultimo.
Contestualmente, il Giudice ha escluso la violazione, da parte della Banca, di asseriti vincoli sui bonifici in uscita, mai dimostrati dagli attori, e dell’obbligo di trasmissione degli estratti conto, messi a disposizione nell’area personale dei correntisti.
D’altronde, le teorie attrici non avrebbero potuto trovare accoglimento in quanto la Banca, come sostenuto dal Tribunale, non ha alcun accesso, né alcuna conoscenza dei PIN e delle password dei propri Clienti.
Né, tantomeno, la Banca ha alcun obbligo di verificare l’identità dell’utilizzatore del servizio home banking o di rendicontare ogni operazione disposta a seguito dell’inserimento delle proprie credenziali. Solo il Cliente e coloro a cui il Cliente lo comunica, o colposamente rivela, ne sono a conoscenza.
Le circostanze sopra evidenziate e l’incauta custodia dei dati convergono a rappresentare un comportamento di inescusabile imprudenza o negligenza della parte attrice (conclusione cui è giunto, d’altronde, il Tribunale di Roma), con violazione non solo della diligenza media del buon padre di famiglia, ma anche di “quel grado minimo ed elementare di diligenza generalmente osservato da tutti (sulla scorta della Corte di Cassazione, 19 novembre 2001, decisione n. 14456, cui si può aggiungere, più di recente, Corte di Cassazione, 13 ottobre 2009, decisione n. 21679)”[1] .
Accanto alla innegabile responsabilità degli utenti, il Tribunale di Roma, ha sottolineato la rilevanza dell’onere di vigilanza in capo agli Istituti di credito nei rapporti di conto corrente, che deriva dal dovere di diligenza cosiddetto “qualificato” inerente all’esercizio dell’attività professionale di riferimento e desumibile dall’interpretazione del principio generale stabilito dall’art. 1176, secondo comma, cod. civ.
Sotto questo profilo, il Giudice ha ritenuto che la Banca sarebbe stata in grado di accorgersi, se avesse adottato le ordinarie cautele, dell’anomalia delle operazioni poste in essere dal promotore finanziario e avrebbe potuto identificare e bloccare le operazioni illecite.
Purtuttavia, non ha ravvisato, nel caso di specie, alcun collegamento causale con le perdite subite dai correntisti, essendo queste state in definitiva determinate dalla loro sola condotta.
Del resto, ha concluso il Tribunale, la negligenza degli attori non si è sostanziata solamente nell’inosservanza delle norme di cautela a carico degli utenti del servizio di internet banking, ma anche nell’omessa verifica dell’operato del consulente e dell’andamento dei conti correnti.
Nell’ambito del rapporto di conto corrente con modalità telematiche, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che la regola generale contemplata dall’art. 1218 cod. civ. declina la responsabilità della Banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, e quindi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente.
Tale situazione di colpa grave è configurabile, secondo la Suprema Corte (Cass. Civ., sentenza n. 18045 del 5/7/2019 citata dal Tribunale di Roma; e più di recente, Cass. Civ. sentenza n. 26916 del 26/11/2020) nel caso di protratta mancata attivazione di una qualsivoglia forma di controllo degli estratti conto.
Sotto questo distinto aspetto, la condotta degli utenti, secondo il Giudice romano, è risultata rilevante ai sensi dell’art. 1227, secondo comma, cod. civ. che, in caso di condotta gravemente colposa degli attori, esclude la risarcibilità del danno evitabile dal creditore con l’utilizzo dell’ordinaria diligenza.
Nel caso di specie, è di tutta evidenza che gli attori hanno permesso incautamente e negligentemente a terzi soggetti (i.e. il promotore finanziario) di adoperare le credenziali di accesso al loro home banking consentendo, in tal modo, di validare le numerose operazioni di bonifico in uscita con l’inserimento dei codici corretti.
Di conseguenza, il Tribunale capitolino ha accertato l’assenza di responsabilità dell’Istituto atteso che gli attori non hanno adempiuto all’obbligo di diligente custodia delle proprie credenziali.
Tale condotta, secondo il convincimento del Giudice, ha superato i limiti di una lieve negligenza per configurare gli estremi della colpa grave con la conseguente reiezione delle domande attrici.
[1] ABF, Collegio di Bologna, 22 aprile 2022, decisione n. 6473.