29.07.2024 Icon

La violazione degli obblighi informativi da parte dell’intermediario finanziario e la nullità del contratto

L’eventuale violazione di una o più norme di condotta sull’intermediazione finanziaria, pur avendo esse carattere imperativo, non comporta automaticamente la nullità dei contratti stipulati dall’intermediario col cliente: occorre infatti distinguere tra norme di comportamento e norme di validità del contratto. La violazione delle prime può comportare eventuale responsabilità a carico dell’intermediario e può provocare la risoluzione del contratto, ma non incide sulla genesi dell’atto negoziale e non ne provoca la nullità.

Così si è pronunciata un’interessante decisione di merito (Tribunale Bari sez. IV, 14/07/2023, n. 2942) in tema di obblighi informativi degli intermediari finanziari, la quale ha subito sottolineato che “la casistica giurisprudenziale è ormai granitica nell’escludere che gli eventuali difetti di informazione possano comportare vizi incidenti sulla validità del contratto, purché stipulato per iscritto, residuando spazio unicamente per profili di inefficacia e di responsabilità contrattuale. Tale conclusione si basa su due considerazioni: l’assenza di una comminatoria espressa di nullità da parte della normativa di settore –pur nella consapevolezza del carattere imperativo della predetta normativa- e l’omessa incidenza dell’eventuale violazione degli obblighi di informazione sulla presenza del consenso del sottoscrittore alla conclusione del contratto.

La netta affermazione del Tribunale si fonda sull’insegnamento della Suprema Corte, secondo la quale la violazione di obblighi informativi può essere causa di risoluzione del contratto, ove si traduca in una forma di non corretto adempimento del generale dovere di protezione e degli specifici obblighi di prestazione gravanti sul contraente, ma non incide sulla genesi dell’atto negoziale, quanto meno nel senso che non è idonea a provocarne la nullità (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 19/12/2007, n.26724; Sez. Unite, 19/12/2007, n.26725; Cass. civ., Sez. I, 29/09/2005, n.19024).

Riassumendo, poi la disciplina applicabile in via generale alla materia degli investimenti finanziari, la Sentenza ricorda che si applicano, da un lato, gli artt. 21 e 23 del TUF, che prevedono la forma scritta del contratto di intermediazione finanziaria, l’obbligo informativo a carico degli operatori finanziari e un’inversione dell’onere della prova, nei giudizi risarcitori, circa l’adozione della specifica diligenza prevista e, dall’altro, gli artt. 28 e 29 del Reg. Consob, che sanciscono l’obbligo di profilatura dell’investitore circa la sua esperienza, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi e la sua propensione al rischio e l’obbligo per l’intermediario di astenersi dall’effettuare operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione.

Quanto al requisito della forma, la sentenza in commento rammenta ancora l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità per cui:  “il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente” (Cass. SS.UU. n. 898/2018); inoltre, “in tema di intermediazione finanziaria la forma scritta è prevista dalla legge per il contratto quadro e non anche per i singoli ordini, a meno che non siano state le parti stesse a prevederla per la sua validità ai sensi dell’art. 1352 c.c.” (Cass. civ. sez. I, 14/06/2019, n.16106; Cass. 2 agosto 2016, n. 16053; in senso conforme: Cass. 9 agosto 2017, n. 19759).

Ritenuto, quindi, che nel caso di specie fosse stata prodotta in atti tutta la documentazione contrattuale inerente alle operazioni oggetto di causa, con rispetto dei requisiti di forma imposti dalla normativa vigente, la domanda di nullità veniva respinta, pur in presenza di una successiva valutazione di inadeguatezza delle informazioni contrattuali fornite.

In proposito, ha ricordato il Tribunale, sempre con interessanti rimandi ai principi affermati dalla Suprema Corte, che “In tema di intermediazione finanziaria, l’obbligo informativo a carico dell’intermediario sussiste, anche al di fuori di una negoziazione diretta in contropartita, nel caso di negoziazione diretta per conto del cliente, rientrando tale operazione a pieno titolo tra “i servizi e attività di investimento” di cui all’art. 1, comma 5, lett. b) T.U.F. La violazione di tale obbligo non può ritenersi esclusa neanche in presenza di una segnalazione di non adeguatezza e di non appropriatezza, gravando sull’intermediario anche un autonomo obbligo di prestare all’investitore il corredo informativo relativo allo specifico strumento finanziario, evidenziandone le caratteristiche ed i rischi specifici (Cassazione civile sez. I, 05/05/2022, n.14208).

Nel caso di specie, non avendo ritenuto che fosse stata fornita la prova di adeguate spiegazioni delle caratteristiche dell’operazione, “al di là della generica indicazione di titolo non quotato” e che il cliente, anziché provare a disinvestire da un investimento che aveva un trend negativo negli ultimi anni, ha progressivamente concentrato gli investimenti su un unico prodotto finanziario, accumulando così perdite rilevanti, è stato ritenuto sussistere in concreto un difetto di informativa. Con la conseguenza, però, non della declaratoria di nullità, domandata in via principale, bensì della risoluzione del contratto, con i differenti obblighi restitutori a carico delle parti.

Autore Antonio Ferraguto

Partner

Milano

a.ferraguto@lascalaw.com

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