Il mark to market non costituisce l’oggetto del contratto di IRS: “L’oggetto del contratto derivato è lo scambio di differenziali calcolati su un certo importo (cd. nozionale) ad una determinata scadenza, mentre il mark to market costituisce un elemento diverso e in particolare rappresenta il valore di sostituzione del derivato in un dato momento”.
Questo il principio ribadito dal Tribunale di Milano all’esito di un giudizio patrocinato dal nostro Studio in cui, tra i vari argomenti, il Giudice affronta nel dettaglio il concetto di markto market.
L’oggetto del giudizio era costituito da un contratto IRS “Tasso Protetto Premio Frazionato”stipulato dalla società attrice a copertura del rischio di rialzo del tasso di interesse variabile al quale era indicizzato un contratto di finanziamento contestualmente stipulato.
L’attrice, con la domanda introduttiva del giudizio, ha dedotto:
- la nullità del contratto per assenza di un’alea bilaterale e razionale e per carenza di informazioni per iscritto;
- la natura speculativa e non di copertura;
- la nullità del derivato perché la proposta contrattuale è stata effettuata fuori sede e non è stato previsto il diritto di recesso ex art. 30 TUF;
- l’inadempimento della banca in ordine agli obblighi informativi non essendo stati prospettatii rischi assunti, i valori del mark to market e la sua formula di calcolo, gli scenari probabilistici, i costi e le modalità di calcolo utilizzate ai fini della determinazione dei valori di mercato.
In prima battuta, il Giudice ha ritenuto infondata la domanda di nullità dell’attriceevidenziando come la causa dell’IRS – per la cui individuazione non rileva la funzione di speculazione o di copertura perseguita dalle parti – non coincide con quella della scommessa, ma consiste nella negoziazione e monetizzazione di un rischio finanziario.
Prendendo le mosse dalla ben nota pronuncia delle Sezioni Unite 8770/2020, il Tribunale esplicita le caratteristiche del contratto swap:
a) è over the counter, vale a dire ha un contenuto fondamentale non eteroregolamentato, ma deciso dalle parti sulla base delle specifiche esigenze dell’interessato;
b) non è standardizzato e, quindi, non destinato alla circolazione, essendo privo del requisito della cd. negoziabilità;
c) l’intermediario è in una situazione di naturale conflitto di interessi poiché, assommando le qualità di offerente e consulente, è tendenzialmente controparte del proprio cliente.
Gli elementi essenziali del derivato sono, quindi, la data di stipulazione, quelle di inizio di decorrenza degli interessi, di scadenza e di pagamento, nonché il capitale di riferimento (cd. nozionale) ed i diversi tassi di interesse ad esso applicabili.
Dalle pattuizioni intercorse tra le parti in causa, il Tribunale ha verificato la presenza di tutti tali elementi, ritenendo così priva di pregio la doglianza di nullità del contratto di IRS de quoper violazione dell’art. 1322 c.c.
Contestualmente, dalla documentazione versata in atti il Giudice ha potuto altresì verificare la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie dell’indebitamento verso il sistema bancario e finanziario a tasso variabile e quelle del derivato accertando la finalità di copertura del contratto oggetto di causa accertando quindi quella “elevata correlazione” tra le caratteristiche tecnico-finanziarie dettata dalle indicazioni fornite dalla determinazione Consob del 26/2/1999.
Infine, come già anticipato nelle premesse, il Tribunale meneghino ha ritenuto infondata la domanda di nullità del contratto swap per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto e per violazione del divieto di determinare in via unilaterale il contenuto del contratto asseritamente derivante dalla mancanza dell’indicazione dei criteri per calcolare il mark to market ovvero del metodo di stima del medesimo.
Ed invero, richiamando anche quanto già detto, il mark to market non costituisce l’oggetto del contratto di IRS bensì il valore di sostituzione del derivato in un dato momento; in secondo luogo l’elemento essenziale del contratto è costituito da un accordo in cui due controparti si scambiano pagamenti periodici di interessi, calcolati su una somma di denaro detta capitale nozionale di riferimento, per un periodo di tempo predefinito pari alla durata del contratto, e cioè fino alla scadenza dello stesso.
Tale valore non fa parte, quindi, dell’oggetto del contratto e d’altro canto, rileva il Tribunale,lo stesso non è inserito dalla Suprema Corte (v. Cass. S.U. n. 8770/20) tra gli elementi essenziali di un interest rate swap.
Ed ancora, il Giudice ha rimarcato come il mark to market “non esprime affatto un valore concreto ed attuale, ma esclusivamente una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata. Il valore del mark to market, infatti, è influenzato da una serie di fattori ed è quindi sistematicamente aggiustato in funzione dell’andamento dei mercati finanziari, dovendosi poi attrarre nell’ambito dei relativi parametri di determinazione anche l’up front erogato e l’utile per la banca (v. Cass. pen. 47421/11 e Cass. n. 9644/16). Anche di recente la Suprema Corte ha affermato che (v. Cass. S.U. n. 8770/20) il mark to market rappresenta il costo al quale una parte può anticipatamente chiudere il contratto o un terzo estraneo all’operazione è disposto, alla data della valutazione, a subentrare nel derivato: così da divenire, in pratica, il valore corrente di mercato dello swap (il metodo de quo consiste, insomma, in una simulazione giornaliera di chiusura della posizione contrattuale e di stima del conseguente debito/credito delle parti)”.
Concretamente, il mark to market non esprime un valore concreto o un prezzo ed attuale bensì una proiezione finanziaria e, più nello specifico, la stima del valore effettivo del contratto ad una certa data.
Allo stesso modo, secondo il Giudice, non può sostenersi che l’indicazione del mark to market, o almeno del metodo di stima dello stesso, nel contratto sia necessaria in quanto prevista da due norme dell’ordinamento e in particolare dall’art. 2427 bis c.c. e dall’art. 203 D. L.vo n. 58/98.
Invero, ammesso di ritenere per ipotesi che il mark to market corrisponda al fair value (che deve essere indicato nella nota integrativa al bilancio per ciascuna categoria di strumenti finanziari derivati), in ogni caso da tale norma non potrebbe dedursi che l’indicazione del medesimo sia obbligatoria nel contratto poiché altrimenti al comma 3, laddove viene disciplinata la determinazione del fair value, il Legislatore avrebbe dovuto indicare al primo posto proprio il metodo di stima pattuito nel contratto dalle parti e solo in mancanza dettare i criteri.
Al contrario, il Legislatore disciplina il criterio di determinazione del fair valueindistintamente per tutte le ipotesi, sia che sia stato pattuito un metodo di stima nel contratto derivato sia nell’ipotesi in cui manchi. Peraltro, anche tale norma fa riferimento al “valore di mercato” attivo, sempre che dia un risultato attendibile, senza stabilire alcuna formula matematica.
Non essendo emersa alcuna condotta illegittima o comunque inadempiente da parte dell’Istituto, le domande della società attrice sono state integralmente respinte.