– di Claudio Mosca, in Rivista delle Società, n. 4/10, pag. 978.
Il tema della vendita allo scoperto, più comunemente nota in ambito finanziario come short selling, offre lo spunto per una breve riflessione a valle del documento di consultazione emanato dalla Commissione Europea (scaduto il 10 luglio 2010). Entro tale data, gli “addetti ai lavori” (partecipanti al mercato, regolatori e stakeholders) hanno avuto la possibilità di formulare opinioni sul tema della pratica di short selling. Questa pratica consiste nel comportamento di chi vende titoli non posseduti con l’intenzione di acquistare successivamente, ed entro una certa data, i medesimi titoli oggetto della vendita.
Lo short selling, comunemente praticato nei mercati finanziari, influisce nella formazione dei prezzi dei titoli trattati, sulla loro liquidità, mitigando persino i fenomeni c.d. di price bubbles (ndr prezzi gonfiati) e facendo emergere problemi sulla situazione dell’emittente. Per contro, la pratica può avere effetti negativi sui prezzi degli strumenti finanziari e può creare disordini capaci di incidere sulla stessa stabilità del mercato; ciò è reso ancora oggi più evidente in concomitanza della crisi finanziaria. Per ovviare a simili inconvenienti, ancora più evidenti durante la crisi, alcuni Stati europei hanno reagito contrastando la pratica dello short selling con l’adozione di differenti regolamentazioni; ne è scaturito un quadro frammentato che, oltre ai costi e alle difficoltà aggiuntive, ha generato conseguenze legate ad arbitraggio regolamentare.
In sede europea è poi emersa la necessità di adottare regole appropriate sia con riferimento allo short selling sia con riguardo ai credit default swap (CDS) (ndr strumenti derivati spesso utilizzati a copertura di un’obbligazione assunta).
Dal documento di consultazione emerge quindi l’orientamento per l’applicazione di una regolamentazione comune, da emanarsi nei confronti chiunque effettui operazioni di short selling (con esclusione dell’intermediario mero esecutore della transazione). In particolare, nella creazione di regole finalizzate: (i) ad aumentare la trasparenza delle operazioni di short selling; (ii) a limitare il rischio di operazioni di short selling che restano scoperte; e (iii) ad attribuire il potere di imporre limitazioni temporanee in capo alle autorità di vigilanza.
Da ciò si evincono gli obiettivi della regolamentazione prospettata, destinati ad armonizzare il quadro europeo nonché a sviluppare gli strumenti degli Stati membri in situazioni di emergenza.
(Matteo Ferrando – m.ferrando@lascalaw.com)