16.06.2025 Icon

L’adeguata verifica nell’apertura del conto corrente a distanza

In caso di apertura di conto corrente a distanza, gli istituti di credito sono tenuti all’adeguata verifica del cliente, in forza di quanto previsto dall’art. 17 d.lgs. n. 231/2007, ossia all’identificazione del cliente e alla verifica della sua identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente (art. 18 lett. a) d.lgs. n. 231/2007).

Le modalità di adeguata verifica sono regolate dall’art. 19 d.lgs. n. 231/2007, anche con riferimento all’ipotesi in cui manchi la presenza fisica del cliente; in tale ultimo caso, l’obbligo di identificazione si considera comunque assolto per i clienti che dispongono un bonifico verso un conto di pagamento intestato al soggetto tenuto all’obbligo di identificazione. Ma ciò solo previa identificazione elettronica basata su credenziali che assicurano i requisiti previsti dall’art. 4 del Regolamento Delegato (UE) n. 2018/389 della Commissione del 27.11.2017 (autenticazione forte del cliente SCA).

Il suindicato art. 19, comma 1, lett. a), n. 5 prevede, inoltre, che nel caso in cui manchi la presenza fisica del cliente, l’obbligo di identificazione si consideri comunque assolto per i clienti i cui dati identificativi siano acquisiti attraverso idonee forme e modalità individuate dalle Autorità di vigilanza di settore, nell’esercizio delle attribuzioni di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), ossia nell’esercizio del potere di adottare disposizioni di attuazione del decreto antiriciclaggio, in materia di organizzazione, procedure e controlli interni e di adeguata verifica della clientela.

In tale prospettiva, la Banca d’Italia ha emanato le “Disposizioni in materia adeguata verifica della clientela per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo” con Provvedimento del 30.7.2019 (sostitutivo del precedente Provvedimento della Banca d’Italia del 3.4.2013), prevedendo che, in caso di apertura di un rapporto a distanza, l’intermediario acquisisce copia dei documenti del richiedente, verificandone l’autenticità, provvedendo poi a effettuare riscontri ulteriori secondo le modalità più opportune in relazione al rischio specifico.

Tra le modalità di accertamento ulteriori consentite, il provvedimento fa riferimento “a titolo esemplificativo” al bonifico effettuato dal cliente attraverso un intermediario bancario e finanziario con sede in Italia o in un paese comunitario.

Nel caso sottoposto all’attenzione dell’Arbitro Bancario e Finanziario, il ricorrente rappresentava di essere stato sottoposto a svariati procedimenti penali per il reato di frode informatica, lamentando di essere stato vittima di furto d’identità, grazie al quale venivano aperti – da soggetti ignoti – conti correnti a suo nome presso cinque istituti di credito, fra cui la banca resistente. Dunque, il ricorrente si doleva che quest’ultima avesse negligentemente dato corso all’apertura del conto corrente senza individuare tempestivamente la natura truffaldina dell’operazione. Chiedeva, quindi, il risarcimento del danno, in considerazione delle spese legali che aveva dovuto sostenere per l’assistenza nei procedimenti penali e della perdita dei benefici economici legati all’ISEE, a causa della dichiarazione delle giacenze presso i conti correnti accesi a suo nome dai truffatori.

L’intermediario resistente deduceva che il conto corrente era stato aperto a distanza tramite firma digitale, in ottemperanza alle regole allora vigenti, sulla base di documenti autentici del ricorrente (carta d’identità e codice fiscale) – la cui validità veniva confermata dalla consultazione del sistema SCIPAFI –, e di un bonifico di conferma proveniente da altro conto del ricorrente incardinato presso un altro istituto bancario.

Evidenziava, inoltre, come la frode era stata semmai cagionata dalla mancata custodia dei propri dati personali da parte del ricorrente, il quale aveva consentito che il truffatore ottenesse in originale i propri documenti d’identità.

Inoltre, la resistente forniva prova che il contratto di conto corrente era stato correttamente e consapevolmente sottoscritto tramite il servizio di firma digitale, posto che, ai sensi dell’art. 21, comma 3, del Codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. n. 82/2005), gli atti per i quali la legge prevede specificamente la forma scritta ad substantiam, come i contratti bancari, “soddisfano comunque il requisito della forma scritta se sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata e digitale”.

Nel caso di specie, l’Arbitro accertava la coerenza del comportamento dell’intermediario con la disciplina vigente in tema di adeguata verifica e apertura del conto corrente a distanza.

Inoltre, l’Arbitro sottolineava il comportamento potenzialmente pericoloso posto in essere dal ricorrente, osservando che lo stesso aveva trasmesso involontariamente al truffatore il necessario per aprire i cinque conti correnti. Infatti, pensando di inviare una e-mail di candidatura quale comparsa televisiva, aveva inviato copia della carta d’identità, della patente, del codice fiscale, nonché alcuni selfie in cui reggeva in mano i singoli documenti. Gli stessi documenti che venivano, poi, impiegati dal truffatore per l’apertura del conto corrente.

Alla luce delle argomentazioni e delle evidenze sopra descritte, dunque, il Collegio respingeva il ricorso.

Autore Eva Billò

Associate

Milano

e.billo@lascalaw.com

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