04.12.2025

Prigionieri del patto col fisco

  • Italia Oggi

In caso di erronea adesione al concordato preventivo biennale lo scorso 30 settembre non vi è possibilità (ora) di revocare l’opzione e si resta di fatto prigionieri del patto col fisco per l’intero biennio.

Unica possibilità di annullare il patto, attualmente non vagliata da norme, dall’amministrazione finanziaria e tantomeno dalla “giurisprudenza” resta l’istanza all’agenzia delle entrate in cui si chiede la revoca dall’accordo rilevando l’effettiva opzione per errore, accadimento però non semplice da dimostrare.

Questa è una delle conseguenze applicative generate dalla struttura normativa del concordato preventivo biennale (Cpb), strumento disciplinato ed introdotto dal dlgs 13/2024, che fissa all’articolo 9 il termine perentorio del 30 settembre per manifestare la volontà di adesione all’istituto non stabilendo alcun tipo di modalità di revoca una volta oltrepassata tale scadenza.

Prigionieri del patto col fisco. Va preliminarmente evidenziato che il citato articolo 9 al comma 3 stabilisce che il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il 30 settembre, ovvero entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare.

Per la prima volta, con le adesioni per il biennio 2025-2026, è stata formalizzata la possibilità di revocare l’opzione, esercitata sempre a patto che tale procedimento venga esplicitato nei termini stabiliti l’adesione.

Per le adesioni al precedente biennio (o all’annualità per i forfettari) come indicato nella risposta a interpello della Direzione Generale dell’agenzia delle entrate del Friuli n 908/62 di maggio 2025, la revoca al Cpb poteva unicamente essere esercitata tramite invio di una correttiva nei termini dell’adesione senza più esposta la volontà di aderire al patto nel modello.

Con la pubblicazione dei provvedimenti n.172928/2025 e 195422/2025 l’Agenzia delle Entrate ha previsto invece la possibilità di “annullare” l’opzione per il concordato preventivo biennale attraverso uno specifico meccanismo di revoca.

Nel provvedimento n. 195422/2025 citato infatti è stato stabilito che la revoca è effettuabile trasmettendo il modello Cpb in forma autonoma per via telematica congiuntamente al frontespizio dei modelli redditi nei termini dell’adesione.

Nel frontespizio dei modelli redditi deve essere indicato il codice 2 – “Revoca” nella casella “Comunicazione CPB” e devono essere compilati i campi “Codice ISA”, “Codice attività” e “Tipologia di reddito (1 = impresa; 2 = lavoro autonomo)” del modello Cpb 2025/2026.

In ogni caso dunque la possibilità di annullamento del patto viene concessa solo se manifestata nei termini per l’adesione per cui, chi dovesse ora accorgersi di aver opzionato l’accordo involontariamente, ha pochissime possibilità di “fuoriuscita” dall’accordo.

L’unica strada percorribile resta quella del dialogo con l’agenzia delle entrate, inviando in primis una specifica istanza, il prima possibile, evidenziando l’accadimento, rilevando l’erronea volontà di adesione e chiedendo quindi la revoca del Cpb.

Diventa complesso però dimostrare l’errore in fase di adesione, anche qualora non vi sia una convenienza economica nell’applicazione dello strumento, dato che l’adesione da accesso ad un regime premiale (quello Isa) e ad una copertura, sebbene parziale, dagli accertamenti, il cui “vantaggio” va ben oltre dai meri accadimenti economici e dal potenziale risparmio/aggravio fiscale.

Per rafforzare la propria posizione si ritiene possibile eventualmente accompagnare l’istanza all’agenzia delle entrate anche dall’invio di una dichiarazione integrativa (se possibile) in cui si trasmette un nuovo modello privo dell’opzione al patto col fisco.

In ogni caso la strada per la revoca post 30 settembre risulta in salita anche perché qualora venga avallata presterebbe il fianco a tentativi di fuga dal concordato per mancata convenienza economica.